La Cassazione: sì alla marijuna in casa

La Cassazione: sì alla marijuna in casa
se è coltivata come pianta ornamentale


Una pianta di marijuana

ROMA
(31 ottobre) – Se coltivare marijuana è un hobby per dimostrare il
proprio pollice verde si può fare: la canapa indiana può essere
coltivata in piccole piantagioni domestiche e venduta come pianta
ornamentale. Una sentenza della Cassazione, la 40362, ha confermato
l'assoluzione di un uomo che vendeva, sistemate in vasetti con tanto di
lumini, piantine di marijuana prodotte in casa e fatte crescere nella
vasca da bagno. In particolare la Suprema Corte ha respinto il ricorso
presentato dalla Procura della Corte di Appello di Genova contro
l'assoluzione – pronunciata sia in primo che in secondo grado – di
Luciano M., un uomo di 57 anni nella cui abitazione erano state trovate
cinque piante di canapa, l'ultima delle quali ancora “a dimora” nella
vasca da bagno.

Per il pg di Genova – che ha protestato a
Piazza Cavour contro il verdetto assolutorio – «non è possibile
ipotizzare che un privato possa lecitamente coltivare piante di canapa
indiana per scopi ornamentali, in quanto il legislatore considera
pericolosa per la salute ogni forma di diffusione della droga». Gli
“ermellini” non hanno condiviso questa tesi e la hanno giudicata
«infondata» sottolineando che «la coltivazione di piante, da cui
possono ricavarsi sostanze stupefacenti, che non si configuri come
coltivazione in senso tecnico-agrario rimane nell'ambito della
coltivazione domestica» e non costituisce reato. Così il reclamo del
magistrato ligure è stato rigettato.

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VERITA’ PER ALDO

VERITA’ PER ALDO
Il carcere? sicuro da morire!

http://veritaperaldo.noblogs.org/

SABATO 10 Novembre Perugia Manifestazione e Assemblea*

Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta il 12 ottobre sono stati arrestai con l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana. Trasferiti il giorno dopo al carcere di Capanne, sono stati separati. Roberta condotta in cella con altre donne, Aldo,  in isolamento. Da quel momento Roberta non vedrà più il suo compagno lasciato in buone condizioni di salute.
La mattina seguente, domenica 14 ottobre alle 8,15, la polizia penitenziaria entrata nella cella, trova Aldo agonizzante che poco dopo muore. Immediatamente la ex moglie, la compagna, i figli e gli amici si mobilitano per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perchè di carcere non si può morire!
Di fatto dopo un goffo tentativo di insabbiamento da parte delle autorità carcerarie (le prime indiscrezioni sulle cause della morte si riferivano ad un improbabile infarto) famiglia e amici vengono a sapere che dall’autopsia risulta che Aldo è stato vittima di un vero e proprio pestaggio, il corpo infatti presentava una frattura alle costole, gravi lesioni al fegato, alla milza e al cervello.
Aldo Bianzino è morto ormai da più di due settimane.
Il silenzio delle istituzioni e dei rappresentanti della politica, dei cosiddetti garanti della nostra sicurezza sociale è assordante. Indaffarati a sperimentare modelli di governance escludenti, a scagliarsi contro ambulanti, lavavetri, vagabondi, non hanno trovato, non stanno trovando, non trovano il tempo per superare l’alone di impunità, per denunciare chi umilia le persone sotto custodia, infligge sofferenze fisiche e psichiche ai detenuti, uccide.
E' tempo per noi di prendere posizione, spazio e voce. Di raccontare. Di mantenere viva la memoria collettiva. Di evitare pericolosi insabbiamenti e difendere le nostre esistenze e le nostre pratiche identitarie da abusi, repressioni e pestaggi, “venduti”come atti di legalità. E’ tempo di disinnescare le “paranoie” securitarie e arrestare le aggressioni proibizioniste, disattivare le dinamiche di esclusione e di controllo sui corpi. Di resistere alla criminalizzazione degli stili di vita, alla violenza dell’intolleranza, all’esercizio arbitrario dei poteri di repressione e di controllo, alla manipolazione dell’informazione.
E’ tempo di agire, di porre interrogativi a chiunque desideri verità e giustizia per Aldo Bianzino, Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali. Marcello Lonzi. E’ tempo di reclamare la scarcerazione immediata dei 5 ragazzi di Spoleto, vittime di una perversa applicazione del 270bis, strumento di controllo e intimidazione preventiva utilizzato ormai per sedare qualunque forma di dissenso.
E’ tempo di costituirci in comitato per la verità su Aldo, di ottenere verità e giustizia sugli omicidi di stato, di abrogare la legge Fini-Giovanardi e reclamare la fine di ogni proibizionismo, di contrastare e opporci ad una società che sempre meno tollera qualsiasi espressione fuori dalla norma, di farci carico delle sorti dei processi per il g8 di Genova rispondendo ai pruriti vendicativi del potere con una manifestazione nazionale che contrasti e interrompa la costruzione di processi di oblio e rimozione collettiva.

SABATO 10 Novembre Perugia Manifestazione e Assemblea*

Un appuntamento nazionale contro tutte le intolleranze
Perchè un paese intollerante e’ tutto tranne che un paese sicuro!
Perchè per una pianta d’erba in cella non si deve finire!
Perché in carcere non si deve morire!
Verità per Aldo!

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è sempre più inquisizione…

Via ai test antidroga per i lavoratori dei trasporti
e per chi svolge mansioni a rischio


ROMA
(30 ottobre) – Test obbligatori antidroga obbligatori per i lavoratori
del settore dei trasporti (conducenti di autobus, treni, navi, piloti
di aerei, controllori di volo, addetti alla guida di macchine di
movimentazione terra e merci, ecc.) e per quanti maneggiano sostanze
pericolose come gas tossici, esplosivi e fuochi d'artificio. La
Conferenza Unificata ha ratificato oggi l'intesa che prevede controlli
periodici sull'eventuale uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, a
garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori con mansioni che
possono comportare rischi per sé o per i cittadini.

Dopo la
pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'intesa, entro 90 giorni
dovranno essere emanate le norme sulle procedure dei test, dopo di che
i controlli entreranno in vigore. L'intesa, voluta dal ministro della
Salute, Livia Turco, colma una lacuna normativa andata avanti per ben
17 anni e permette l'attuazione della legge del 1990, il Testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza.

I controlli, i cui costi sono a carico del
datore di lavoro, prevedono visite mediche ed esami di laboratorio. Il
provvedimento è rivolto ai lavoratori che svolgono mansioni
particolarmente delicate per la sicurezza collettiva, come appunto chi
lavora nel settore dei trasporti. L'obiettivo è quello di prevenire
infortuni e incidenti, con l'immediata sospensione temporanea
dell'idoneità di chi risulta positivo ai test, ma anche di favorire il
recupero della tossicodipendenza del lavoratore, avviandolo verso
programmi di riabilitazione, al termine dei quali sarà possibile la
riammissione alle sue mansioni.

L'intesa non prevede il
licenziamento per i lavoratori in difficoltà che accettino il percorso
di riabilitazione. Infatti, in caso di positività ai test, il datore di
lavoro è tenuto a sospendere il lavoratore, ma la libera accettazione
da parte del lavoratore di sottoporsi a percorsi di recupero, fornisce
ampie garanzie della conservazione del posto di lavoro per tutto il
periodo necessario per il recupero. Qualora sia accertato un uso solo
occasionale, il medico competente può riconsiderare l'inidoneità del
lavoratore, dopo parere favorevole in tal senso del Sert, ma saranno
previsti ulteriori controlli. E' prevista anche la possibilità per il
lavoratore di essere adibito a mansioni diverse. Per la natura
sperimentale dell'accordo stesso è stato previsto che, in base alle
esperienze acquisite e all'evoluzione delle conoscenze scientifiche, le
disposizioni possano essere aggiornate.

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La vicenda di andrè furst

CANAPICOLTORE SVIZZERO NUOVO PRIGIONIERO NELLA GUERRA ALLE PIANTE

published sabato 28 luglio 2007 14:17, di encod
. update mercoledì 1 agosto 2007 02:15

29 MESI DI PRIGIONE PER COLTIVARE CANAPA


Il 6 luglio 2007 la Corte d’Appello Federale Svizzera (Kassationshof)
a confermato la sentenza di 29 mesi di reclusione contro André Furst, proprietario della ditta Chanvre-Info e membro del Comitato Direttivo dell’European Coalition for Just and Effective Drug Policies (ENCOD).

André Furst è stato condannato per la coltivazione di
Cannabis e la manifattura di prodotti della canapa da essere usati come
alimenti, nella cura del corpo e della salute, o come sostituti delle
materie plastiche. Chanvre-info è una delle società europee
maggiormente rispettate che si occupano della promozione della pianta
della canapa, la sua cultura ed il suo valore per il genere umano. La
ditta è riconosciuta per il suo alto livello professionale e non ha mai
fatto mistero delle sue attività.

Sfortunatamente, sembra che il reale crimine di André
Furst sia il modo trasparente e aperto in cui ha svolto il suo lavoro.
Chanvre-info ha allestito e preparato mostre sulla canapa in numerose
conferenze ufficiali, compreso il Parlamento Europeo, ospita un sito
web multilinguale con informazioni aggiornate sulle qualità e gli
utilizzi della canapa e sostiene l’attivismo politico contro la sua
proibizione.

Nel giugno 2007 André è stato eletto membro del
Comitato Direttivo dell’Encod, una piattaforma composta da 150
organizzazioni di 26 Paesi Europei che lottano per una lobby politica e
svolgono attività per porre fine alla guerra alle droghe. Nella
comunità degli esperti di politiche sulle droghe è conosciuto per il
suo impegno nel promuovere politiche sulle droghe che riducano
realmente al minimo il danno per il consumatore e chi gli sta vicino.

Senza dubbio André Furst adesso diventerà un altro
prigioniero della guerra contro le piante, in un Paese che è di solito
considerato come uno dei più razionali in Europa riguardo la politica
sulle droghe. La giustizia svizzera ha seminato vento, ma
raccoglieranno tempesta.

ENCOD non può accettare la carcerazione di André Furst.
Nelle prossime settimane prepareremo la presentazione del caso alle
Corti Internazionali, non soltanto per l’interesse del nostro amico e
collega, ma per l’interesse dei milioni di persone che corrono il
rischio di essere criminalizzati e rovinati ogni giorno a causa della
proibizione di una pianta che ha accompagnato e aiutato il genere umano
per più di 10.000 anni.

Quando le leggi sono così ingiuste, la resistenza diventa un obbligo.

André
e’ stato arrestato e da sabato è in sciopero della fame.Alcuni gli chiedono di
smettere ma ricordiamo che in Svizzera e in Germania militanti
antiproibizionisti  e non hanno vinto alcune battaglie con  mesi di sciopero ma
non senza conseguenze come ricordano
giustamente alcuni.

 

 

Potete
scrivergli una lettera o una cartolina che gli farà molto piacere anche per
sollecitare la sua liberazione come quella di altri attivisti a livello europeo
e mondiale. Come sapete i casi in Italia si sono peraltro moltiplicati con
l’esecuzione di Aldo a Perugia e vari arresti in alcune città italiane.
Addirittura a Bologna dove in questo momento stanno sgomberando anche le case
occupate  nel Quartiere di San Donato dopo l'operazione di ieri al Parco Sud-
sede del collettivo Open the Space

 

 

Andrè
Fuerst  ha iniziato a scontare la sua
sentenza di 29 mesi di carcere con l’accusa di aver distribuito la canapa ai
malati. Molto probabilmente Andrè potrebbe essere rilasciato in semilibertà tra
8-10 mesi per  permettergli di occuparsi
della sua fattoria  che nel frattempo è
stata assalita durante una delle prime notti durante il suo arresto da un gruppo
di una dozzina di  uomini armati.(cfr.
www.encod.org). Ma ora ne va della sua vita .mandate lettere e cartoline in
francese tedesco/inglese e italiano.

André  Fürst

Prison centrale de Fribourg

CH-1700 Fribourg

Svizzera

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la cocaina fa male…al naso

Il "naso da coca" è ormai una patologia e l'intervento diventa inevitabile
In aumento i consumatori di polvere bianca, anche donne e giovani di tutti i ceti sociali

Liste di attesa record negli ospedali
per i cocainomani che si rifanno il naso

Cinque mesi per una rinoplastica in clinica privata
più di un anno e mezzo in una struttura pubblica

<B>Liste di attesa record negli ospedali<br>per i cocainomani che si rifanno il naso</B>

SORRENTO (Napoli) –
Rifarsi il naso distrutto dalle sniffate di cocaina è una necessità per
i consumatori di polvere bianca. Ma la richiesta per questo tipo di
intervento, gratis in ospedale o con diecimila euro in una struttura
privata, si sta diffondendo in misura tale che i chirurghi hanno ormai
delle vere e proprie liste d'attesa.

La segnalazione giunge dal Congresso di Federserd, la federazione degli
operatori pubblici delle dipendenze, in corso a Sorrento. Fino a poco
tempo fa, i casi di ricostruzione del naso – dicono gli esperti di
Federserd – erano rarissimi, uno su cento cocainomani, quasi nessuna
donna. E riguardavano per la quasi totalità vip dello spettacolo o
manager.

Ora la richiesta di questo intervento si è ampliata. Ci sono liste di
attesa di cinque mesi in cliniche private e più di un anno e mezzo in
ospedale, quasi quanto per una Tac. Non sono più rare le donne, e sono
sempre più numerose le persone di tutti i ceti sociali.

"Si sniffa cocaina, si vede il naso danneggiato con grande difficoltà
nella respirazione – dice Claudio Leonardi, coordinatore del Comitato
scientifico di Federserd – si va dal chirurgo plastico per un
intervento, si soffre un po' e poi se non si è imparata la lezione e
non ci si è curati, si torna a sniffare". Il dato allarmante è che il
fenomeno è in costante crescita. "E' un problema in aumento – aggiunge
Leonardi – e lo verifichiamo ogni giorno parlando con i
tossicodipendenti. La situazione è ancor più grave se si pensa che sono
costretti alla ricostruzione del naso anche tanti giovanissimi, nei
quali le mucose e la cartilagine sono più delicate".

"Il naso da coca" è ormai una vera e propria patologia spiega il
professor Gaetano Paludetti, direttore dell'Istituto di clinica
otorinolaringoiatrica del policlinico Gemelli, che lancia l'allarme
sull'aumento degli italiani costretti a ricorrere a un'operazione
chirurgica per rifarsi il naso distrutto dalla droga.

Granulomi sottocutanei, vasi sanguigni cicatrizzati e inservibili,
riassorbimento dei tessuti: il naso del cocainomane è fortemente
compromesso, la carenza di circolazione sanguigna manda in necrosi i
tessuti, e l'operazione chirurgica a lungo andare è inevitabile. "Sono
venute da me – racconta Paludetti – persone con due buchi al posto del
naso, senza più tessuti. Sono sempre più numerosi quelli che chiedono
un intervento, anche se quasi tutti non ammettono che la causa
scatenante è la cocaina. Ma è importante per un chirurgo saperlo, anche
perché i tessuti sono così deperiti che è molto complicato procedere a
una ricostruzione".

Interventi delicati, insomma, con lo scopo di garantire un ritorno a un
livello accettabile di capacità respiratoria, ma che per molti pazienti
sono solo uno strumento per poi tornare a "sniffare" liberamente:
"Tutti dicono che hanno smesso – rivela l'otorino – ma quasi tutti poi
riprendono ad assumere cocaina, e non è raro il caso di gente che
torna, dopo alcuni anni, per rioperarsi".

A bussare alla porta del chirurgo sono le persone più disparate,
giovani e meno giovani, uomini e donne, benestanti e ceti più modesti:
"Non c'è un identikit del malato di 'naso da coca' – spiega Paludetti –
diciamo che si va dai 20 ai 60 anni di età, ma talvolta anche oltre, e
spesso sono persone insospettabili. Di certo il naso rovinato dalla
cocaina è una patologia emergente, ma non la sola: esistono casi di
persone che hanno buchi nel palato, con la comunicazione tra naso e
palato aperta, a causa dell'effetto distruttivo della coca. E' una cosa
molto seria, e non è necessario essere cocainomani da molti anni: se la
droga è tagliata male, bastano poche sniffate per avere le vie
respiratorie danneggiate".

(29 ottobre 2007)

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attenti al pacchetto

Pacchetto sicurezza, l’odiosa continuità

Da Fuoriluogo, di Francesco Maisto – 28 ottobre 2007

Ricordate la famosa scena di
Super Totò in cui il grande artista si muove mettendo insieme movimenti
disarticolati delle braccia e delle gambe? Ecco, questa è l’impressione
che si ricava dalla lettura della bozza del cosiddetto “pacchetto
sicurezza”: scelte scoordinate, assemblaggio di norme di grande rilievo
(come quelle antimafia e di tutela dei minorenni e di protezione
dell’ambiente) con norme semplicemente e solamente repressive, dannose
per i giovani e i deboli.
Nella scia del primo “fatale” pacchetto
sicurezza del 26 marzo del 2001 (del precedente governo di
centro-sinistra), aumenta l’elenco dei delitti per cui è obbligatorio
l’arresto ed è obbligatoria la custodia cautelare in carcere (anche
dopo la sentenza di appello), mentre sono vietate la scarcerazione e la
sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, introdotta dalla
legge Simeone-Saraceni approvata all’unanimità dal Parlamento nel 2000.
Ora però, “l’assolutizzazione” del penale, a seguito di preoccupazioni
per la sicurezza comprensibili, ma deliberatamente stimolate ed
amplificate fino a divenire “ossessioni securitarie”, si innesta –
senza discontinuità ed anzi con un’azione di rinforzo – su quelle leggi
“odiose” della maggioranza di centro-destra, come la Fini-Giovanardi e
la ex Cirielli (già ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale in
due punti), che questo governo si era impegnato a superare: si erano
viste le prime avvisaglie positive col disegno di legge Mastella di
modifica del codice di procedura penale e con la bozza di codice
penale, elaborata dalla commissione ministeriale presieduta da Giuliano
Pisapia.
A titolo di esempio, è sufficiente evidenziare che il
pacchetto sicurezza, pur non modificando esplicitamente la normativa
sulla droga, è destinato ugualmente ad aggravarne il danno penale:
tanto per le minime condotte predatorie commesse da tossicodipendenti
al pari di altri giovani “devianti”; quanto per le condotte illecite di
cessione e di traditio (passaggio di sostanze non a fine di lucro)
previste dalla Fini-Giovanardi, commesse anche da chi è da poco
maggiorenne nei confronti del quasi coetaneo minorenne (col richiamo
indiscriminato alle aggravanti previste dall’art. 80 del Testo Unico
sugli stupefacenti). Ad esempio un ragazzo di 18 anni che cede uno
spinello ad un gruppo di amici, fra cui un minorenne, andrà
immediatamente in carcere dopo l’arresto.
Aumenteranno dunque le
carcerazioni, e saranno più difficili le scarcerazioni e la sospensione
dell’esecuzione della pena detentiva, sì che la custodia cautelare in
carcere segnerà l’inversione cronologica tra colpa e pena. Si realizza
così quella «…logica anticipatoria della pena insita nel trattamento
peggiore per l’imputato di reato più grave…» mentre si cancella «un
nuovo spazio entro il quale il giudice poteva tener conto delle
esigenze effettivamente connesse all’andamento del processo…» come
insegnava il prof. Giuliano Amato nel Commentario alla Costituzione.
Il
paventato intervento legislativo, dunque, appare più un vicolo cieco
che una manovra risolutiva. Facendo affidamento sulla fragile e
disintegrata (ma in sé preziosa) risorsa penale anche per queste
tipologie di condotte devianti, il pacchetto sicurezza è destinato non
solo all’insuccesso, ma anche a creare l’illusione che l’intervento
penale sia in grado di ridurre la realtà e la percezione
dell’insicurezza. La promessa strutturalmente inattuabile si tramuterà
in delusione cocente e quindi, in nuove richieste, come in una spirale
perversa, in cui chi perde è il bugiardo.

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Evo e la coca

Parla il presidente della Bolivia, Evo Morales, oggi in Italia "Washington contro la sovranità dei popoli"

"La coca è sacra, aiuta il Sudamerica
Usa nemici, portiamo l'Onu a Roma"

"Dico grazie al Venezuela e a Chavez, che mi presta l'aereo presidenziale"

<B>"La coca è sacra, aiuta il Sudamerica<br>Usa nemici, portiamo l'Onu a Roma"</B>

Evo Morales

dal nostro inviato OMERO CIAI

LA PAZ
– Giocherà con Totti presidente? "Magari, chi non vorrebbe giocare con
un fuoriclasse come lui. A Roma mi hanno promesso una iniziativa a
favore della mia battaglia contro la Fifa che ha vietato le partite
internazionali oltre i 3000 metri d'altitudine: il nostro stadio di
calcio a La Paz sta a 3600 metri". Grande appassionato di calcio –
gioca tutte le volte che può – il presidente boliviano Evo Morales è
ormai un leader riconosciuto dei popoli indigeni ed in questa veste
riceverà oggi un premio del centro Pio Manzù a Rimini.

Nel corso della sua breve visita in Italia incontrerà il presidente
Napolitano, il premier Prodi e il presidente della Camera Bertinotti.
Morales conosce abbastanza bene l'Italia perché è devoto a Santa Rita
da Cascia e per questa ragione ha visitato il nostro paese diverse
volte in passato. Alla guida dello Stato più povero dell'America Latina
dal gennaio del 2006, il suo è un governo sempre sul filo del rasoio
per lo scontro, tutt'ora irrisolto, tra le istanze di riforma sociale a
favore degli indios (il 70% della popolazione) che lui rappresenta e la
vecchia oligarchia bianca che detiene il potere economico.

Scontro che è allo stesso tempo politico, etnico e geografico visto che
gli indios, aymara e quechua, vivono in maggioranza sulle Ande mentre
la borghesia locale, di discendenza europea, domina la pianura. Morales
ha nazionalizzato gli immensi giacimenti di gas naturale, e si batte
per il riscatto dei popoli originari, dei loro costumi e simboli, fogli
di coca compresa.

Presidente,
dicono che lei ha rivoluzionato anche le cucine di questo antico
palazzo coloniale. Via la pasta e il filetto, oggi si mangia solo
frutta e il suo dolce preferito: la torta alla coca?


"C'è una cosa non capisco: io non difendo il narcotraffico. Difendo una
pianta che nella nostra cultura è benefica, aiuta a sopportare la
fatica e la vita a 4000 metri d'altezza. Noi non consumiamo cocaina,
quello è un problema vostro, noi consumiamo un infuso di foglie. Oppure
le mastichiamo, le usiamo nella medicina di base e ci facciamo anche
una torta".

Non
è facile scindere la coltivazione della pianta dalla produzione della
sua sintesi chimica: la cocaina. Non lontano da qui è stato scoperto un
laboratorio clandestino per la trasformazione delle foglie in polvere
di cocaina.


"Appunto. Noi li arrestiamo i narcos. Quello che mi interessa difendere
sono le coltivazioni legali. Combatto l'idea dell'estinzione forzata
della pianta di coca, per noi è sacra, è un regalo di Dio".

Lei ha appena lanciato una campagna per spostare la sede dell'Onu da New York, cosa non le piace dell'America?

"Ogni volta che dobbiamo recarci alla Nazioni Unite, io o alcuni membri
del mio governo veniamo umiliati dalle misure di sicurezza americane.
L'ultima volta ci hanno impedito di atterrare al JFK con la scusa che
c'era troppo traffico e siamo dovuti andare da un'altra parte perdendo
un sacco di tempo. L'aereo presidenziale di un altro paese invitato
dovrebbe avere la precedenza per ragioni di cortesia, no? Poi negano i
visti ai ministri con mille scuse e sembra che si divertano a
complicarci la vita. Oggi non abbiamo problemi con gli americani ma con
il loro governo che attua una politica imperialista e agisce contro la
libertà e la sovranità di altri popoli".

E dove vorrebbe spostarla la sede delle Nazioni Unite?

Ride: "Facciamo così, mandiamo il Vaticano a New York e le Nazioni
Unite a Roma. Credo che convenga anche a voi italiani".

Lei è al potere da quasi due anni, proviamo un bilancio: di cosa è orgoglioso tra ciò che ha fatto?

"Abbiamo nazionalizzato il gas e questo ci permetterà di investire i
maggiori profitti in diversi programmi sociali. Il primo lo abbiamo già
attuato: oggi tutti gli anziani della Bolivia hanno una pensione. Poi
abbiamo avviato la riforma agraria: togliamo le terre incolte ai
latifondisti e le consegniamo ai contadini indios".

Ci
sono molte tensioni separatiste in Bolivia, alcune delle regioni più
ricche e bianche vorrebbero una maggiore autonomia. Non teme che questi
movimenti localistici possano degenerare in un conflitto più ampio?


"No, è solo una minoranza che ha paura di perdere i suoi privilegi.
L'oligarchia conserva il potere economico ma non è più capace di
recuperare quello politico perché non è in grado di formulare una
proposta di paese accettabile anche per la maggioranza, ossia per gli
indios".

L'esercito da che parte sta?

"L'esercito boliviano è democratico, sta con la Costituzione e con la
patria. Difenderebbe l'unità territoriale del paese".

Lei
è il primo presidente della Bolivia che si è recato a Vallegrande per
rendere omaggio a Ernesto Che Guevara ucciso nel suo paese quaranta
anni fa. Perché?


"I
nostri metodi sono differenti ma gli obiettivi sono gli stessi, per
questo ammiro il Che. E' passato il tempo di imbracciare le armi perché
si possono fare rivoluzioni profonde anche attraverso il sistema
democratico. Oggi sono gli Stati Uniti che usano le armi contro altri
popoli ed è sbagliato fare il gioco dell'Impero usando le armi".

Cosa pensa delle Farc, la guerriglia colombiana che tiene in ostaggio Ingrid Betancourt?

"Penso che dovrebbero deporre le armi perché il mondo si può cambiare
con la democrazia. Non è più tempo di lotte armate".

E la sua relazione privilegiata con il Venezuela di Chavez?

"Il Venezuela è stato il primo paese a dimostrare tutta la sua amicizia
concreta quando per la prima volta in Bolivia è stato eletto presidente
un indio. Abbiamo una situazione economica simile, ossia grandi risorse
naturali, e condividiamo alcuni programmi sociali come quello
dell'assistenza sanitaria gratuita delle missioni dei medici cubani e
la prospettiva del socialismo. D'altra parte senza la solidarietà del
presidente Chavez io non potrei neppure viaggiare in Italia, è lui che
ci presta l'aereo presidenziale".

(28 ottobre 2007)

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Assassinio di un antiproibizionista

Cronaca di Perugia (dal giornale dell'Umbria del 19 e 20.10.07)

Venerdì
12.10.07
Aldo Bianzino, falegname 54enne di Pietralunga (PG), veniva
arrestato
insieme alla sua compagna perché in possesso di piante di marjuana
per
uso personale.
Notte tra sabato 13 e domenica 14
Aldo Bianzino
viene trovato morto in una cella del carcere di Capanne
(PG), semza ematomi
evidenti all'esterno.
Venerdì 19 e sabato 20.10.07
L'autopsia rivela
"lesioni compatibili con l'omicidio": traumi
cerebrali, epatici e due costole
rotte.
Aldo Bianzino in carcere non è stato in contatto con altri
detenuti…e
il tipo di lesioni in questione può portare alla morte anche a
distanza
di molte ore. La vittima potrebbe quindi essere stata picchiata
prima,
durante o dopo l'arresto…con modalità che permettono di
uccidere
anche, senza lasciare traccia visibile all'esterno, come i colpi
inferti
con asciugamani bagnati.

Metodi fascisti di uno Stato di
polizia, che le forze dell'"ordine"
conoscono molto bene.
Aldo è stato
torturato e ucciso da chi lo aveva in custodia, dai tutori
della "sicurezza"
e da chi questa sicurezza invoca e paga.
Aldo è stato barbaramente
assassinato dallo Stato.
        Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un uomo
buono, mite. Vecchio
compagno di Lotta Continua, attualmente vicino ad una
comunità di Hare
Krishna, viveva tranquillamente la sua vita senza dar
fastidio a nessuno.
LO HANNO PUNITO PER QUESTO?

Meglio dar fastidio
allora!
È ciò che tenta di fare questo comunicato

Che Aldo Bianzino
non sia morto invano! Che la sua morte violenta sia un
esempio e un
ammonimento per tutti, per quanti invocano più sicurezza e
per le potenziali
vittime di essa.
Questa "sicurezza" fascista e xenofoba sfila oggi per le
strade di
Perugia e non solo, sotto le bandiere tricolori, contro gli
immigrati,
le prostitute, gli emarginati. Dice di voler sconfiggere lo
spaccio di
droga, ma fa affari con esso e con esso alimenta il bisogno
indotto di
sicurezza.
Di questa sicurezza con la celtica e la svastica i
proletari non hanno
bisogno.
La sicurezza che vogliamo è sicurezza sul
lavoro, affinché non ci siano
più omicidi bianchi per il profitto;
La
sicurezza che vogliamo è sicurezza di un lavoro e non una vita
di
precarietà;
La sicurezza che vogliamo è che l'ambiente in cui viviamo
non sia
avvelenato dall'insicurezza delle fabbriche del capitale e depredato
dal
saccheggio padronale dei beni comuni;
La sicurezza che vogliamo è che
le stragi fasciste e di Stato non
restino impunite e che gli autori materiali
e morali di questi crimini
non siano liberi di cavalcare queste crociate per
la sicurezza di giorno
e scorrazzare di notte con le spranghe e le torce a
dar la caccia ai
poveri, agli immigrati, ai gay, ai compagni;
La sicurezza
che vogliamo è, quantomeno, il rispetto dei diritti
costituzionali, la
libertà di esprimersi e lottare senza essere
criminalizzati e/o pestati da
fascisti in doppio petto o in divisa e da
sceriffi di ogni
risma.

Verità e giustizia per Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi,
Marcello
Lonzi e tutti i proletari uccisi dallo Stato per le strade o in
galera!

NO ALLO STATO DI POLIZIA E DI MODERNO FASCISMO

Aderiamo
sin d'ora alle manifestazioni e ai presidi annunciati dagli
amici di Aldo
Bianzino

Rete Antifascista Perugina

rete streetola il controllo di
perugia

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il deputato adenti: firmatario della legge antirave

SE LI CONOSCI LI EVITI:

DATI PERSONALI ed INCARICHI in ATTO

ADENTI  Francesco

ADENTI Francesco [ MAIL ]

Nato a BEREGUARDO( PAVIA ) il 19 gennaio 1961

Laurea in giurisprudenza; dipendente di azienda privata – funzionario

Eletto nella circoscrizione V (LOMBARDIA 3)

Lista di elezione: POPOLARI UDEUR

Proclamato il 22 aprile 2006

Iscritto ai gruppi parlamentari:

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Proposta di legge “antirave”

XV LEGISLATURA

 

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1729


 


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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ADENTI

Introduzione dell'articolo 18-bis del testo unico
di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di
manifestazioni musicali aperte al pubblico organizzate da privati

Presentata il 28 settembre 2006

      

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Onorevoli Colleghi! – L'espressione musicale ha un indubbio valore
educativo e sociale. Come tutte le forme dell'espressione fonda il suo
valore educativo nel consentire, specie alle giovani generazioni, di
prendere coscienza di sé e di manifestarsi agli altri, ma, allo stesso
tempo, per la sua natura non esclusivamente individuale, ma
comunitaria, esercita una importantissima funzione di aggregazione
sociale. Produrre musica, esibirsi dal vivo, partecipare ai concerti è
un'occasione – in particolare per i giovani – di esprimersi, di
comunicare con la società in cui vivono, ma anche di stabilire
relazioni, di accrescere le proprie conoscenze, di confrontarsi e di
educarsi alla vita e alla responsabilità della vita in gruppo. Per
questo lo Stato, attraverso gli strumenti che gli sono propri, deve
sostenere e incentivare queste forme di espressione e di aggregazione.
E tuttavia non si può omettere di considerare che ci si trova di fronte
a delle vere e proprie degenerazioni di tale fenomeno. Sempre più
spesso, infatti, si apprende dalla stampa nazionale e internazionale
dello svolgimento dei cosiddetti «rave party», ovvero di
manifestazioni spesso illegali che, per le loro caratteristiche,
possono mettere in pericolo la sicurezza di quanti vi partecipano e di
quanti vivono nel territorio ove questi ultimi si svolgono.

      I «rave party» sono
manifestazioni spesso illegali organizzate in aree industriali
abbandonate o in spazi all'aperto; hanno durata di una sola notte o
anche di alcuni giorni e sono caratterizzati dalla presenza di più «sound
system
»,
ovvero di diffusori sonori installati su camion. Il nome inglese con
cui vengono chiamate queste manifestazioni significa letteralmente
«delirio» e, in senso più ampio, rappresenta l'idea di fondo che
caratterizza i «rave party», ovvero il desiderio di

 


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evadere rispetto alle regole e alle convenzioni sociali, nella ricerca
di una libertà totale che si esprime attraverso il ballo e il consumo
di droga. Anche recenti avvenimenti della cronaca hanno posto in
evidenza come in tali manifestazioni siano sempre più diffusi atti
illegali, quali danneggiamenti, violenze, uso di sostanze stupefacenti,
eccetera. Non da ultimo queste manifestazioni hanno fatto registrare
numerose problematiche in merito alla tutela ambientale – essendo causa
spesso di danneggiamenti ai territori in cui si svolgono – e all'igiene
pubblica.

      Se è importante che lo Stato
riconosca e sostenga la libera possibilità di espressione, di chiunque
e in particolare dei giovani, tuttavia è indispensabile che esso stesso
combatta ogni forma di illegalità che possa intervenire in simili
occasioni e, al medesimo tempo, tuteli l'ambiente e le condizioni di
igiene pubblica. La libera espressione di chiunque non può coincidere
con il danneggiamento di se stessi e degli altri, con la negazione dei
diritti di alcuno, con qualsiasi forma di violenza o danneggiamento
personale o alla proprietà, pubblica e privata.

      Lo Stato deve, perciò,
disincentivare ogni manifestazione che tenda a proporre un modello di
libertà relativistico, riferito esclusivamente all'individuo singolo,
per cui vengono meno le principali regole di rispetto e di convivenza
sociale. Lo Stato deve altresì disincentivare un modello di libertà
fondato sul cosiddetto «sballo», sull'eccesso, favorendo invece una
libera espressione di se stessi nel rispetto della comunità in cui si
vive.

      Per questo, la presente proposta di
legge introduce l'articolo 18-bis
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio
decreto n. 773 del 1931, che, facendo riferimento a un provvedimento
preso dallo Stato francese su questo stesso fenomeno, intende vietare
le manifestazioni musicali in luoghi pubblici e all'aperto che non
hanno una preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente a
livello locale per la garanzia dell'ordine e della sicurezza pubblica.

      Il medesimo articolo, infatti,
stabilisce per tali manifestazioni una preventiva autorizzazione del
questore, richiesta dal responsabile dell'organizzazione che è tenuto
anche a fornire informazioni circa l'evento, le misure e i mezzi che si
intendono adottare al fine di garantire l'ordine e la sicurezza
pubblici. Si prevede inoltre la facoltà del questore di individuare, di
comune accordo con il promotore, i mezzi opportuni per garantire
l'ordine e la sicurezza pubblici qualora quelli previsti siano
insufficienti, di proporre lo svolgimento della manifestazione in altro
luogo e di proibire la manifestazione qualora le misure adottate non
siano sufficienti. Nello stesso articolo sono altresì previste le pene
(arresto fino a sei mesi e ammende) per quanti operano senza
autorizzazione del questore o nonostante il suo divieto.

 


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 18 del testo
unico leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno
1931, n. 773, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 18-bis.1.
Il responsabile dell'organizzazione di manifestazioni musicali aperte
al pubblico organizzate da privati cittadini in luoghi non predisposti
per il pubblico spettacolo è tenuto alla presentazione di una specifica
richiesta al questore. Tale richiesta deve contenere la dichiarazione
della data e del luogo ove si intende tenere la manifestazione, della
durata della stessa, l'indicazione della previsione del numero dei
partecipanti e dei mezzi destinati a garantire l'ordine pubblico, la
sicurezza e l'incolumità dei partecipanti, di quanti prestano la loro
opera lavorativa nello svolgimento della manifestazione, nonché la
dichiarazione di rispetto e conformità alla legislazione vigente in
materia di inquinamento acustico. Devono altresì essere dichiarati i
mezzi adottati al fine di garantire l'igiene pubblica e il rispetto
ambientale del territorio in cui avviene la manifestazione. Alla
dichiarazione deve essere allegata anche l'autorizzazione a occupare il
terreno da parte del proprietario, qualora il terreno sia di proprietà
privata.

      2. È facoltà del
questore, qualora i mezzi indicati nella dichiarazione di cui al comma
1 siano ritenuti insufficienti per il corretto svolgimento della
manifestazione, convocare il responsabile dell'organizzazione al fine
di individuare le misure adatte a garantire l'ordine pubblico, la
sicurezza, l'igiene pubblica, il rispetto ambientale e il rispetto
delle leggi vigenti. È altresì facoltà del questore, di comune accordo
con il responsabile dell'organizzazione, individuare un altro luogo più

 


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adatto per lo svolgimento della manifestazione. Il questore può imporre
all'organizzatore l'adozione di tutte le misure necessarie al corretto
svolgimento della manifestazione e, in particolare, la previsione di un
servizio d'ordine e di una struttura medica di primo soccorso. Il
questore può vietare lo svolgimento della manifestazione qualora le
misure adottate siano insufficienti.

      3. In caso di mancata
presentazione della richiesta di cui al comma 1 o di svolgimento della
manifestazione nonostante il divieto del questore, i responsabili
dell'organizzazione sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con
l'ammenda da 100.000 euro a 200.000 euro e i partecipanti alla
manifestazione sono puniti con l'ammenda da 50.000 euro a 100.000 euro.
Le Forze di polizia possono provvedere altresì al sequestro del
materiale utilizzato per lo svolgimento manifestazione per un periodo
fino a sei mesi».

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