la cocaina fa male…al naso

Il "naso da coca" è ormai una patologia e l'intervento diventa inevitabile
In aumento i consumatori di polvere bianca, anche donne e giovani di tutti i ceti sociali

Liste di attesa record negli ospedali
per i cocainomani che si rifanno il naso

Cinque mesi per una rinoplastica in clinica privata
più di un anno e mezzo in una struttura pubblica

<B>Liste di attesa record negli ospedali<br>per i cocainomani che si rifanno il naso</B>

SORRENTO (Napoli) –
Rifarsi il naso distrutto dalle sniffate di cocaina è una necessità per
i consumatori di polvere bianca. Ma la richiesta per questo tipo di
intervento, gratis in ospedale o con diecimila euro in una struttura
privata, si sta diffondendo in misura tale che i chirurghi hanno ormai
delle vere e proprie liste d'attesa.

La segnalazione giunge dal Congresso di Federserd, la federazione degli
operatori pubblici delle dipendenze, in corso a Sorrento. Fino a poco
tempo fa, i casi di ricostruzione del naso – dicono gli esperti di
Federserd – erano rarissimi, uno su cento cocainomani, quasi nessuna
donna. E riguardavano per la quasi totalità vip dello spettacolo o
manager.

Ora la richiesta di questo intervento si è ampliata. Ci sono liste di
attesa di cinque mesi in cliniche private e più di un anno e mezzo in
ospedale, quasi quanto per una Tac. Non sono più rare le donne, e sono
sempre più numerose le persone di tutti i ceti sociali.

"Si sniffa cocaina, si vede il naso danneggiato con grande difficoltà
nella respirazione – dice Claudio Leonardi, coordinatore del Comitato
scientifico di Federserd – si va dal chirurgo plastico per un
intervento, si soffre un po' e poi se non si è imparata la lezione e
non ci si è curati, si torna a sniffare". Il dato allarmante è che il
fenomeno è in costante crescita. "E' un problema in aumento – aggiunge
Leonardi – e lo verifichiamo ogni giorno parlando con i
tossicodipendenti. La situazione è ancor più grave se si pensa che sono
costretti alla ricostruzione del naso anche tanti giovanissimi, nei
quali le mucose e la cartilagine sono più delicate".

"Il naso da coca" è ormai una vera e propria patologia spiega il
professor Gaetano Paludetti, direttore dell'Istituto di clinica
otorinolaringoiatrica del policlinico Gemelli, che lancia l'allarme
sull'aumento degli italiani costretti a ricorrere a un'operazione
chirurgica per rifarsi il naso distrutto dalla droga.

Granulomi sottocutanei, vasi sanguigni cicatrizzati e inservibili,
riassorbimento dei tessuti: il naso del cocainomane è fortemente
compromesso, la carenza di circolazione sanguigna manda in necrosi i
tessuti, e l'operazione chirurgica a lungo andare è inevitabile. "Sono
venute da me – racconta Paludetti – persone con due buchi al posto del
naso, senza più tessuti. Sono sempre più numerosi quelli che chiedono
un intervento, anche se quasi tutti non ammettono che la causa
scatenante è la cocaina. Ma è importante per un chirurgo saperlo, anche
perché i tessuti sono così deperiti che è molto complicato procedere a
una ricostruzione".

Interventi delicati, insomma, con lo scopo di garantire un ritorno a un
livello accettabile di capacità respiratoria, ma che per molti pazienti
sono solo uno strumento per poi tornare a "sniffare" liberamente:
"Tutti dicono che hanno smesso – rivela l'otorino – ma quasi tutti poi
riprendono ad assumere cocaina, e non è raro il caso di gente che
torna, dopo alcuni anni, per rioperarsi".

A bussare alla porta del chirurgo sono le persone più disparate,
giovani e meno giovani, uomini e donne, benestanti e ceti più modesti:
"Non c'è un identikit del malato di 'naso da coca' – spiega Paludetti –
diciamo che si va dai 20 ai 60 anni di età, ma talvolta anche oltre, e
spesso sono persone insospettabili. Di certo il naso rovinato dalla
cocaina è una patologia emergente, ma non la sola: esistono casi di
persone che hanno buchi nel palato, con la comunicazione tra naso e
palato aperta, a causa dell'effetto distruttivo della coca. E' una cosa
molto seria, e non è necessario essere cocainomani da molti anni: se la
droga è tagliata male, bastano poche sniffate per avere le vie
respiratorie danneggiate".

(29 ottobre 2007)

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