Rave me tender – da slipperypond

Rave me tender – il Teknival in dieci discipline

in "Slipperypop.La musica, Slipperypolitics"

teknival
Sono le 8:20 del 14 agosto quando ricevo una chiamata dallo yacht del Feroce Direttore, attraccato al largo di Cala Mandriola:
– Che fai?
– Stavo aggiornando personaggi precari
– Ah, non Slipperypond, eh? Ho un lavoro per te.
– Ehm… Stavo giusto finendo un pezzo sulla seconda serie degli Exogini…
– Basta con questi anni ‘80..! Vogliamo passare per nostalgici? Slipperypond è una rivista con-tem-po-ra-ne-a!
– Lo faccio sui Gormiti?
– Macché Gormiti. Stiamo perdendo anche la nostra vena musicale. Musica
contemporanea! Mi devi fare un pezzo su questo Teknival che c’è a
Pinerolo.
– Beh, l’esperto di musica sei tu…
– Per analizzare un evento del genere servono anche competenze sociologiche.
– Manda il Corrispondente dal Contado! Hai visto che lavoro ha fatto sui paninari…
– Senti: sei l’unico qui dentro che può considerare 20 e più ore di
techno a 150 decibel in mezzo alla polvere e ai cani come qualcosa di
divertente…Sbaglio?
Venti minuti dopo ero sull’Intercity per Torino.

rave Disclaimer:
i free party esistono da una quindicina d’anni, oggi è solo che se ne
sono accorti anche i mass-media (come ad esempio Slipperypond). Va da
sé che finora sui free party sono state dette molte cose, quasi sempre
sbagliate. E’ quindi facile scadere nel luogo comune o nell’apologia:
per questo mi immedesimerò in qualcuno che non è mai stato a un
teknival e cercherò di analizzare l’evento andando con ordine, per
discipline.

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I-Cronaca
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Nei_giorni compresi tra venerdi 10 agosto e giovedi 16 agosto si è
svolto a Baudenasca, nei pressi di Pinerolo, il Téknival 2007. Il luogo
scelto dai raver è stato l’ex ballatoio della caserma Nizza Cavalleria.
Per Téknival si intende un rave party di enormi dimensioni, al quale
prendono parte molte delle “tribe” più importanti del panorama musicale
underground.
Come da prassi, il luogo della kermesse è stato reso noto solo
all’ultimo momento. I primi giovani sono arrivati sul posto nella notte
di venerdì. Sabato sera le presenze erano già dodicimila circa, per
toccare una punta stimata di trentamila nella notte di ferragosto. Tra
i partecipanti la festa, la metà circa erano italiani; tra gli
stranieri, netta predominanza francese e una discreta presenza di
tedeschi, spagnoli, olandesi e cechi.
La festa, nonostante l’assenza di servizi e regole, e l’afflusso senza
precedenti, si è svolta nella massima armonia: non si è segnalato alcun
incidente, nessun episodio violento e nessuna emergenza sanitaria. Solo
una ventina gli arrestati, per lo più per possesso di stupefacenti.
Nonostante l’isteria mediatica che ha accompagnato l’evento, la
popolazione del luogo ha accettato la cosa alternando curiosità e
fastidio, stupore e tolleranza; qualche politico di destra ha gridato
all’allarme ma è stato smentito dai fatti, mentre il sindaco di
Pinerolo, pur mostrando di non gradire la cosa, si è mostrato persona
responsabile fornendo autobotti e bagni chimici.

II-Storia
Non è questa la sede per discutere la storia dei free party (ci
vorrebbe un articolo intero, e molte questioni rimarrebbero comunque
aperte): basti sapere che la faccenda comincia una decina di anni fa,
che le soundsystem le inventarono i giamaicani, mentre la tekno moderna
nasce a Detroit, che il movimento rave era stato dato per morto già da
quattro-cinque anni e che il teknival dello scorso agosto aveva avuto
luogo nel pavese. Per approfondimenti vi rimandiamo ai seguenti link.

http://en.wikipedia.org/wiki/Teknival

http://en.wikipedia.org/wiki/Free_tekno

http://shockraver.free.fr/home.htm

http://en.wikipedia.org/wiki/Spiral_Tribe

III-Geografia
pinerolo
La location scelta non è certo un paradiso: si tratta della zona
attigua alla caserma Nizza Cavalleria, una spianata da esercitazioni
che alterna prati brulli, boschetti ad acacie e l’argine di un fiume.
Da un lato cade subito l’immagine di violatori della natura
incontaminata affibbiata ai raver da parte di alcuni organi di stampa,
dall’altro appare innegabile che il costo della ripulitura non sarà
irrisorio, e sarà sostenuto dalla collettività.
Il luogo era già stato teatro di un teknival, seppur di dimensioni
minori, nel 2005. Pinerolo città dista qualche chilometro. La
popolazione si mostra molto meno incattivita di quanto la dipingano i
giornali. Notiamo anzi una certa curiosità: non solo i negozianti e i
passanti chiedono, si interessano, esprimono dubbi e perplessità, ma
molti vanno a constatare di persona cosa stia accadendo. Un paio di
baristi spiccano per la loro attitudine “pro-rave,” sicuramente c’entra
il volume di affari moltiplicato, ma un ruolo ce l’ha anche lo scoprire
che il teknuso non è il vandalo assetato di sangue di cui parlano i
giornali ma (solitamente) una persona piuttosto allegra e gentile.
Carabinieri, polizia e finanza controllano a distanza, dedicandosi per
lo più alla perquisizione delle auto.

IV-Urbanistica
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La prima cosa che colpisce del teknival 2007 sono le dimensioni (nella
foto non se ne vede che una parte). Proprio mentre si discute da tempo
della fine del movimento, il movimento dà vita alla sua festa più
grande. Il baccanale si estende per qualche chilometro, con vari
punti-chiave. Sostanzialmente si tratta di una vera e propria città
artificiale: il progressivo piazzamento di bancarelle, furgoni e auto
crea le strade; le soundsystem più grosse fungono da piazze, i boschi
punteggiati di tende e furgoni sono i sobborghi. Alcune soundsystem,
come quella degli Hazard Unitz, colpiscono per potenza e grandezza: a
vedere questi muri di casse alti quattro o cinque metri e lunghi
trenta, non possono non venire in mente le economie di scala, spostate
dall’industria manifatturiera alla tekno.

V-Economia
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Ogni città ha una sua economia. Quella del teknival è una
microeconomia, che ricorda da vicino i suq delle città nordafricane.
Ovunque spuntano banchetti che vendono di tutto, dalla bottiglia
d’acqua ai monili, dal cous-cous alle sostanze stupefacenti. Alcuni
offrono un singolo prodotto, come il banchetto della frutta, altri
cambiano businness con l’evolversi della festa: Marianna, trentadue
anni, da Perugia, alle 19:30 vende hamburger; venderà speed alle 23:00
e caffè e buondì alle 8:00. C’è pure un tipo che vende una moto.
Colpisce vedere banchetti che espongono cartelloni con listini del tipo
“Speed: 10 EU – MDMA(capsule): 10 EU – Ketamina: 35 EU,” e non tanto
perchè non siamo soliti vedere sostanze illegali vendute come zucchine
al mercato, ma anche per i prezzi popolari a cui vengono vendute. Non
c’è grande speculazione nello spaccio, al teknival: basta osservare la
perizia con cui il tipo della ketamina prepara le buste, mostrando
preciso ad ogni cliente il peso della tara, per capire che il suo
atteggiamento è quello di chi sta svolgendo un servizio. Liz,
ventiquattro anni, belga, vende cristalli di MDMA: mezzo grammo, 30
euro. “Quanto ci guadagni?” “Poco, mi rifaccio le spese del viaggio e
qualche extra.”
C’è spazio per un po’ di imprenditoria, sia reale (Renée, francese,
vende abiti di sua creazione; Sara e Teo, romani, stupendi braccialetti
d’acciaio forgiati in casa) che ironica (un tipo ha inventato il
“turbonose,” una specie di aspirapolvere in miniatura: “il regalo
perfetto per chi pippa troppa speed,” ci spiega).

VI-Politica
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E’chiaro che una manifestazione sudicia e chiassosa in cui si consumano
sostanze illegali e in cui sostanzialmente ognuno fa quel che gli pare
(anche giocare impunemente a Street Fighter II, come documenta questa
drammatica immagine) non sia troppo gradita dalle istituzioni. E’ anche
vero, però, che il fatto che un motore a sostanze chimiche da decine di
migliaia di persone giri per sei giorni senza alcun incidente, dovrebbe
quantomeno portare a riconsiderare l’effettiva dannosità di alcune di
tali sostanze (Lancet lo ha fatto,
i giornali italiani pare di no). Quella delle droghe pare comunque una
facile scappatoia per criticare: del resto un po’ tutti si sono ormai
resi conto che nella società contemporanea le droghe sono ovunque, e
qui è solo più visibile che allo stadio, in discoteca o in parlamento.
Alcuni tra i critici della manifestazione se ne rendono conto e
preferiscono puntare il dito sulla sporcizia (Innegabile. Ma indignarsi
per qualche sacco di spazzatura in un campo quando tutte le città
italiane sforano il limite di PM10 diventando di fatto conche
cancerogene non appare quantomeno grottesco?) o sull’assenza di misure
di sicurezza (questa, pure, è vera, ma una misura di sicurezza c’era:
il rispetto. Al teknival se qualcuno anche solo ti sfiora, è subito
tutto uno scusarsi, un darsi la mano, un offrire un sorso d’acqua o un
tiro di sigaretta o di canna. Rispetto reciproco: ecco qualcosa di
veramente sovversivo).
Se le critiche da destra non stupiscono, danno più da pensare quelle da
sinistra. Il rave non è sgradito solo a quella sinistra che, per
necessità di governo e logiche di potere, diventa molto simile alla
destra (specie nel mostrarsi legalista coi deboli e garantista coi
potenti): anche quella sinistra cosiddetta “radicale,” in teoria vicina
a qualunque movimentismo, dura fatica a capire questa storia dei rave.
A pensarci bene, però, è piuttosto ovvio: il marxista – o il
postmarxista – non è in grado di spiegarsi un movimento che rifiuta
aprioristicamente una logica di cambiamento: l’utopia tekno è “qui e
ora” e non ha pretese di cambiamento del sistema che rifiuta. La festa
è qui, e quando finisce, tutti a casa. La tekno crea la sua area di
utopia, non cerca proseliti, non vuole la rivoluzione: la sua
rivoluzione c’è già, e dura una notte (o sei). Aggiungiamoci che il
movimento tekno rifiuta violentemente un’etica del lavoro ancora ben
radicata nell’estrema sinistra, e la frittata è fatta: è evidente che
dal punto di vista di chi ha una formazione marxista questo non può
essere un movimento “politico.” Eppure lo è: il teknival pur non
volendolo essere è una manifestazione antiproibizionista, e una
dimostrazione di democrazia diretta (o di pirateria sociale, a seconda
dei punti di vista), dal momento che grazie alla volontà di una massa
di persone, vengono fissate temporaneamente nuove leggi alla faccia del
“sistema.”
Volendo dare etichette, il movimento tekno è senz’altro collocabile
nell’area dell’anarchismo, ma è un anarchismo per nulla incazzato,
mistico senza essere misticheggiante, individualista e collettivo
insieme, edonista e sensuale ma non sessuale (non si può non notare la
generale monogamia del teknuso). I testi filosofici che più si
avvicinano alla weltanschauung del movimento tekno sono Walden di Thoreau e T.A.Z. di
Hakim Bey, ma voler trovare un collegamento diretto sarebbe una
forzatura. Dice Marek, 24 anni, operaio, madre italiana e padre serbo:
“Quello che ci interessa è fare baldoria, creare almeno per una sera
un’alternativa alla pappa pronta e velenosa che ci vogliono imporre. Ho
preso due giorni di ferie per venire qua da Vienna, dove lavoro. Le
droghe? I bar di tutta Europa spacciano ogni giorno una droga pesante
che da sola fa mille volte più morti di tutte le droghe chimiche messe
insieme.”

VII-Chimica
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Il teknival non esisterebbe senza droghe. Stimolanti e allucinogeni
sono il nocciolo della questione almeno quanto la musica. Spiega Erik,
da Grenoble: “Il legame tra sostanze e movimento tekno non è casuale.
Non dico che non si possa apprezzare la nostra musica senza certe
sostanze, ma è innegabile che tra MDMA, speed, e musica tekno c’è una
sinergia profonda, che è fin troppo ovvia a chi ha provato e che
rimarrà ignota a chi non lo ha fatto.”
Le droghe intorno a cui gira il teknival sono fondamentalmente quattro (anche se non mancano oppio e coca, sono meno definitorie): mdma, lsd, speed e ketamina.
I ruoli di ciascuna sono piuttosto definiti: l’mdma è la droga per
ballare per eccellenza: la sua diffusione che accompagna la nascita del
movimento, e il suo effetto empatogeno contribuisce a creare il clima
da fratellanza universale tipico del free party. L’lsd potenzia gli
aspetti mistici (già il suo creatore, Albert Hoffman,
spiegava che l’lsd riproduce le sensazioni ottenibili dopo un ventennio
di pratica intensiva di meditazione trascendentale), la speed non è che
carburante: metanfetamine per stare svegli, sopportare la fatica e
ballare a oltranza, anche quando l’mdma, che dura solo cinque-sei ore,
cala. La ketamina, un anestetico veterinario riscoperto dal popolo dei
rave (dopo John Lily)
dissocia e crea nuove significanze (per alcuni, come Margherita,
ventisei anni, ricercatrice bolognese, “sostituisce l’lsd: mi dà quella
profondità mistica che cerco nell’esperienza senza farmi star fuori per
otto ore,” per altri, come Elena, diciannove anni, dalla Val di Pesa,
“è il succo di tutta l’esperienza: trasforma il ballo in un’esperienza
trascendente, spazializza la percezione del proprio corpo, e al tempo
stesso fonde la mente con l’ambiente circostante”.) Tutti si mostrano
piuttosto competenti e consapevoli riguardo milligrammi,
controindicazioni, interazioni ed effetti.
Le canne non sono che un ovvio intercalare, neanche si notano. Si nota
invece l’assenza di alcool (unica eccezione, l’assenzio che un anziano
nomade molto poco tekno ci offre da un bottiglione d’argento), che si
presenta solo sotto forma di birre fresche, di solito accompagnate da
frutta e panini: “cerchiamo sensazioni,” spiega Rex, scozzese
ventiquattrenne, “sarebbe assurdo assumere una sostanza come l’alcol,
che le riduce e le ottunde”. Per ogni utente consapevole come Rex c’è
anche un Pierre: “non sto troppo a calcolare cosa prendere, sono qui
per sfasciarmi, haha.” La tendenza è il cocktail, ma ci sono anche i
puristi: Matteo, ventotto anni, impiegato a Trento, assume solo LSD:
“cerco un’esperienza innanzitutto estetica.”

VIII-Estetica
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L’esperienza estetica, va detto, c’è anche senza allucinogeni. Se si
riesce a guardare oltre gli aspetti più superficiali (la polvere, i
cani, i cumuli di sacchi di spazzatura, la gente addormentata per
terra), il teknival ha una caratterizzazione estetica molto forte. A
modo suo ha classe, pochi discorsi. Sta tra Mad Max e Ken il guerriero,
tra il cyberpunk e l’hippy, tra il primitivo e l’iperurbano. Quello che
esce dalle sound (a onor di cronaca si ricorda che a Pinerolo abbiamo
sentito diversa robaccia ma anche molta musica elettronica di qualità
eccezionale) è figlio tanto dei tamburi voodoo quanto dell’inesorabile
filiera produttiva fordista.
Anche la gente contribuisce all’effetto complessivo: se la direttiva
principale è “fai come ti pare” (e infatti si va dallo splendore di una
cybervenere al peggio tamarro in canotta), spicca una notevole
personalizzazione individuale pur all’interno “direttive estetiche di
movimento,” e complessivamente bisogna ammettere che, no, il popolo del
teknival non è cattivo, sporco e brutto: è bello. Naike, ventitré anni,
“studentessa in vacanza perenne,” parigina, ammette candidamente di
“dedicare molto tempo alla cura del proprio aspetto fisico.” Oggi
l’estetica rave stupisce meno che dieci anni fa, ma ha saputo
rinnovarsi ed evolversi, rimanendo bella.
Ed ecco la questione chiave.
La questione chiave, quello che i giornalisti non vi hanno detto,
probabilmente solo perché se ne erano andati prima, è che quello che
alcuni hanno definito “mefitico catino” (e lo è), di notte, quando le
decine di soundsystem iniziano a sparare al massimo e le luci
stroboscopiche si fanno lame nel buio, quando ogni singolo DJ cerca di
dare il meglio di sé e tutti i ragazzi escono dalle tende, dalle auto,
dagli accampamenti raffazzonati e dal bosco per piazzarsi sottocassa, e
tutto prende a battere all’unisono, il teknival diventa uno spettacolo
di una bellezza straziante.

IX-Filosofia
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Non è affatto scontato provare a spiegare il perché e il percome di un
evento del genere. C’è chi ha trovato un parallelo tra i battiti delle
sound e quello del cuore di una madre, spiegando il rave come un
ritorno al ventre/all’infanzia. C’è chi ha voluto vedere nell’uso
puramente edonistico della tecnologia una critica al sistema
industriale/capitalistico. C’è chi ci vede piuttosto un rifiuto del
divertimento massificato e mercificato, e chi una ricerca del delirio
ad ogni costo. C’è chi ha provato a stilare un manifesto (interessante, ma certo non esaustivo) e chi un decalogo
(troppo funzionalista per essere chiarificatore: “5. parcheggia
bene…”). Sicuramente ci sono tutti questi elementi, ma la questione
mistico-rituale è (almeno inconsciamente) dominante. Consideriamo i
seguenti elementi:
– l’impianto scenografico-rituale (cos’altro aspettarsi da francesi e
italiani?), con officiante, fedeli in linee orizzontali, luce
dall’abside e transubstanziazione (in questo caso psichedelica) al
centro dell’arco temporale, ricalca pari pari quello di una messa (e il
profilo di una soundsystem quello di una cattedrale gotica, o di un
organo),
– l’idea del raduno notturno, che di fatto celebra il mistero della
notte per arrivare al trionfo del mattino, è una costante in gran parte
delle religioni pagane.
– i battiti ritmati (ce lo insegna il voodoo) e la trance da essi
indotta sono da tempo immemore mezzi per avvicinarsi al divino.
– le sostanze psichedeliche (questo ce lo insegnano tanto i misteri
eleusini greci quanto lo sciamanesimo messicano) sono la porta per
comunicare col mondo della trascendenza.
– i grandi raduni amplificano la suggestione e aiutano a lasciare
l’individualità terrena in favore di una collettività spiritualizzata.
– attraverso la condivisione di un momento rituale si cerca una
purificazione interiore (in questo caso dalle imposizioni e dai valori
della società dei consumi) e una ridefinizione del sé.
La differenza sostanziale è che il rito non è più un mezzo ma si
sovrappone allo scopo: tutto è declinato al presente. L’era
dell’acquario dei figli dei fiori si è accoppiata col “no future” dei
punk, ed ecco il risultato.
Oppure la soluzione è più semplice, più alla portata. Dice Dino,
settantadue anni, avventore di uno dei bar di Pinerolo più vicini alla
curva per Baudenasca: “Se vengono a migliaia fino quassù – oh – vorrà
dire che i divertimenti che hanno a casa loro non gli piacciono più.”

X-Sociologia
Un dato oggettivo, infine, ci colpisce. Ce lo mostra Tania, ventotto
anni, cagliaritana, dottoressa in storia da un anno, alle feste da
dieci: “Dite quello che volete, ma questo qua è l’unico movimento
giovanile genuino prodotto dagli anni ‘90 e 2000. Non siamo nostalgici
di qualche decennio passato: siamo contemporanei.”

Nota a margine: se dalla stampa ufficiale abbiamo visto
soprattutto ipocrisia e luoghi comuni, non possiamo non segnalare
(grazie a PineroloMolesta) tre esempi di giornalismo non allineato (il modo moderno per dire “di buon senso.”)

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