20 ottobre: chiarezza negli intenti

 

riscontriamo qualche confusione sulla definizione della manifestazione del 20 ottobre, a cui non aderiamo collettivamente, da parte di million marijuana march. questo che segue è il comunicato con cui si chiede la partecipazione allla manifestazione come se fosse un corteo contro la legge antirave.

In realtà il corteo stesso è indirizzato alla richiesta di rispetto del programma elettorale da parte del governo ed è convocato dai giornali "il manifesto" e "liberazione" e da varie altre figure di riferimento della sinistra come Pietro Ingrao.

da parte nostra, nonostante le distanze che ci separano dalla stessa, invitiamo a parteciparvi, ma con  chiarezza negli intenti

 

* pRiMa kE Si BrUcIno PeRfIno Le vIgNe *

— MaNiFeStAzIoNe KoNtRo La
pRoPoStA dI LeGgE aNtI RaVe —

h 14.30 pIaZzA DeLLa
RePuBbLiCa

Aderiamo all’appello firmato da Forum Droghe, Ass. Antigone,
Ass. San 
Benedetto, Coordinamento operatori servizi bassa soglia del
Piemonte… 
eccetera, che pone tra i vari punti della manifestazione del 20 

Ottobre la questione della richiesta di applicazione anche di quella 

parte del programma elettorale dell’Unione che prevede la 
cancellazione
della legge Fini / Giovanardi. Aderiamo con entusiasmo 
riconoscendoci in
tutti i punti dell’appello, anche se solo pochi 
giorni prima, scusandoci
del ritardo, ma per noi adesione significa 
partecipazione e fino all’ultimo
non eravamo ancora sicuri di poter 
organizzare un Camion Sound per lo
spezzone antiproibizionista. 
Sabato saremo in piazza per nulla preoccupati
dalla presenza di 
ministri alla manifestazione ma moltissimo preoccupati
dal 
comportamento di tutti gli altri ministri che non ci saranno e che 

avrebbero fortemente voluto che la manifestazione non si facesse. Non 

saremo in piazza per complimentarci con il governo per il lavoro fin 

qui svolto ma per esigere l’applicazione del programma nella parte 
che
da consumatori di sostanze ci riguarda quotidianamente, costretti 

dall’isteria proibizionista a esistenze semiclandestine e talmente 

precarie che a volte uscendo di casa non sappiamo se potremo farvi 

ritorno o se cadremo in una maglia della legge 49 del 2006. L’aria 
che
respiriamo è satura di “sindrome da proibizionismo” che provoca 

innumerevoli arresti e il sequestro di centinaia di migliaia di 
piante
di cannabis settimanalmente (http://droghe.aduc.it/php/

prezzoquot.php), l’attuale governo non solo applica la legge 49/2006 

disattendendo l’impegno programmatico pre-elettorale, ma punta 

all’inasprimento progressivo della stessa con dichiarazioni della 

ministra della salute che non paga di decenni di disastri delle 

politiche proibizioniste, scavalcando a destra la destra, propone i 
NAS
nelle scuole e si esalta facendo sua la proposta del sindaco 
Moratti di
inviare alle “famiglie” kit per gli esami antidroga. Certa 
stampa allineata
e il servizio pubblico hanno sciacallato sulla 
tragedia di un sedicenne
morto a scuola a causa del crack inventando 
il primo morto per cannabinoidi
nella storia dell’umanità. Perfino 
dopo il risultato dell’autopsia alcuni
hanno continuato a seminare 
menzogne spacciando la versione che la morte
sarebbe dovuta a “uno 
spinello nel quale, si teme, sia stata inserita una
sostanza 
altamente tossica.”, ignorando che, scusate il tecnicismo, il
crack 
non si può fumare in uno spinello dove non brucerebbe e si usano 

apposite pipette inserite in bottiglie, tanto che nel gergo degli 

adepti l’atto è denominato “sbottigliata”. L’attuale riforma del 
codice
della strada prevede il ritiro della patente se sorpresi alla 
guida si
risulta positivi al test antidroga o all’alcol, fissando per 
quest’ultimo
dei parametri talmente bassi che basta aver bevuto un 
Campari o una birra
per superarli, senza tenere conto inoltre che se 
l’assunzione di cocaina e
oppiacei è riscontrabile nelle 72 ore 
successive, i cannabinoidi nelle
urine rimangono per circa 40 giorni, 
determinando l’assurda situazione per
cui ci si può vedere ritirare 
la patente per una “canna” fumata settimane
prima. La storia del 
proibizionismo ci ha insegnato che nella clandestinità
aumentano i 
rischi per la salute e che senza nessuna possibilità di
controllo 
qualitativo diminuisce la possibilità della consapevolezza di ciò
che 
si assume e qualsiasi azione di riduzione del danno risulta monca. 

Per questo motivo suscita molta preoccupazione la proposta “anti 
rave”
n. 1729 del deputato Adenti (udeur) che prevede l’arresto fino 
a sei mesi e
una ammenda da 100.000 a 200.000 euro per gli 
organizzatori e da 50.000 a
100.000 euro per i partecipanti, 
addirittura se il luogo dove si svolge la
festa è privato. Tale 
delirante proposta è momentaneamente bloccata in
commissione dove è 
stata diverse volte discussa dato il contrasto con
l’articolo 17 
della Costituzione e il parere sostanzialmente negativo
della 
relatrice Cinzia Dato dell’Ulivo, che però ritiene opportuno un 

intervento legislativo in materia, tanto che nell’ultima seduta 

tenutasi l’11 luglio ha dato mandato al deputato Adenti di formulare 

una nuova proposta che tenesse conto delle formulazioni dedotte dalla 

commissione. Tenuto conto che della stessa commissione fa parte il 

solito Giovanardi e le ampie convergenze “bipartisan” che la proposta 

suscita, visto il clima di progressiva riduzione del diritto di 

cittadinanza, sebbene ci battiamo da anni all’interno di un movimento 

mondiale che rivendica il diritto all’autocoltivazione del proprio 

consumo, la fine delle persecuzioni penali e amministrative dei 

consumatori e il diritto all’uso terapeutico della Cannabis, 
riteniamo
sia di vitale importanza scendere in piazza per chiedere 
almeno il rispetto
del programma prima di svegliarsi un giorno in un 
paese dove si bruciano
perfino le vigne. Sabato 20 Ottobre saremo in 
piazza e dato che siamo in
periodo di raccolto invitiamo i 
coltivatori e le coltivatrici a portare in
piazza in clima di 
condivisione il frutto della nostra disobbedienza
civile, dando luogo 
a una festa del raccolto itinerante. Il proibizionismo
è la tassa 
posta da governi collusi e conniventi con le narcomafie a cui 

affidano il monopolio della produzione, importazione e smercio delle 

sostanze illegali sulla pelle di milioni di consumatori e
consumatrici.

MILLION MARIJUANA MARCH (Italia) www.millionmarijuanamarch.info

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Il capo della polizia del Galles: «Il proibizionismo? Immorale»

Legalizzare tutte le droghe. Il parere pragmatico di Brunstrom al governo locale
Il capo della polizia del Galles:
«Il proibizionismo? Immorale»

di Francesca Marretta
Londra
Non legalizzare le droghe, incluse eroina e cocaina, è «immorale». Lo dice il capo della polizia del
Galles del Nord Richard Brunstrom, che ha invitato il governo britannico a mettere fine alla «fallimentare»
guerra ai narcotici illegali.
In una dettagliata analisi presentata il 15 ottobre alla North Wales Police Authority, da inoltrare a Westminster
e alla Welsh Assembly (governo locale gallese) in risposta alla richiesta da parte del ministero dell’Interno
dell’espressione di pareri di esperti al fine di elaborare una strategia di lotta al narcotraffico per iprossimi 10 anni,

Brunstrom sostiene che «se le politiche sulle droghe per il futuro auspicano ad essere pragmatiche, piuttosto che
moraliste, mosse da principi etici e non da dogmi, allora l’attuale approccio proibizionista va messo da
parte in quanto inefficiente e immorale e rimpiazzato con un sistema unificato basato su riscontri (che includano
specificamente alcol e tabacco), allo scopo di minimizzare i danni per la società». Continue reading

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Pizzardoni alla riscossa

8-10-2007, ore 17:58:22

 
Italia. Roma. Sindacato Polizia municipale: dateci le pistole contro la droga
 


Armi in equipaggiamento. E' quanto chiede il sindacato della polizia
municipale di Roma dopo l'inchiesta dell'emittente Retesole sullo
spaccio a Colle Oppio. "L'intervento dei vigili urbani al Colle Oppio a
Roma che ha portato al fermo di alcuni nordafricani sospettati di
essere spacciatori di droga -spiega il segretario del Sulpm della
capitale, Alessandro Marchetti– cosi come testimoniato
dall'inchiesta del Tg-Roma di Retesole che si trovava sul posto per
documentare quanto facile sia acquistare droga in quel parco, dimostra
che la polizia municipale e' entrata pienamente e perfettamente nel
ruolo di vera polizia di prossimita', ruolo che chiedono e vogliono i
cittadini e l'opinione pubblica".

"Chi e' rimasto indietro e'
invece il sindaco Veltroni che pur di non far traballare la sua
maggioranza, cede ai pregiudizi della sinistra radicale e continua a
lasciare disarmati i poliziotti municipali capitolini".

"Una
volta data pienamente alla Polizia Municipale la capacita' di difendere
i cittadini -prosegue Marchetti- si aprono orizzonti nuovi per il
controllo del territorio ed un reale coordinamento integrato con le
altre Polizie: dai quartieri ai parchi, al cimitero, alle piste
ciclabili. Quello di dare la colpa, negli ultimi due decenni, al
Consiglio Comunale per la mancata approvazione del regolamento
dell'armamento e' un nascondersi dietro ad un dito che non ha piu'
scuse plausibili, specie dopo che il Ministero dell'Interno ha
stabilito che comunque i Vigili Urbani devono essere armati per i
servizi esterni e notturni". "Il quoziente della criminalita' negli
ultimi 20 anni  e' aumentato del 50%, ma per Veltroni la Polizia
municipale puo' restare quella di 20 anni fa"

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Chi c’ha mamma nun trema…

Madre offriva cannabis ai figli per salvarli dai pusher, niente carcere

(Notiziario Aduc) Forniva lei
stessa droga ai suoi figli per evitare che i due adolescenti si
cacciassero in qualche guaio, comprandola da loschi spacciatori. E nei
guai c'e' finita lei Nicola Cooper, 43 anni, residente nel Suffolk, che
ha rischiato il carcere per aver fatto fumare qualche spinello ai suoi
figli, che all'epoca dei fatti avevano 16 e 18 anni.
La donna,
tuttavia, se la cavera' con 200 ore di lavoro in comunita' e una multa
di 90 euro perche' al giudice David Cooper, stando a quanto dichiara il
Daily Telegraph, e' piaciuto 'il suo bel carattere'.
Nicola Cooper,
ex insegnante ausiliaria che ha perso il lavoro proprio per la
faccenda, ha mostrato lei stessa ai poliziotti il sacchetto contenente
116 grammi di marijuana e quindi ad ammettere davanti al giudice di
farne uso e di averla data ai figli adolescenti. Ma con il solo intento
di evitare loro di entrare in contatto con persone poco raccomandabili.

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Mariuana.it: assolto Matteo Filla, il fatto non sussiste

 

Da Fuoriluogo.it, – 11 ottobre 2007

E' stato assolto con
formula piena Matteo Filla, titolare di Mariuana.it, il sito sulla
canapa finito sotto accusa l'anno scorso per istigazione e proselitismo
all'uso illecito di stupefacenti. Contini (antiproibizionisti.it): "una
sentenza storica che tutela la libertà di espressione".

ROMA, 11 ottobre 2007 –
Fuoriluogo.it si associa alla soddisfazione di antiproibizionisti.it
per la sentenza pronunciata stamane dal Giudice Monocratico di
Rovereto, che, accogliendo le argomentazioni dell'Avv. Zaina, ha
assolto Matteo Filla (titolare del sito mariuana.it, accusato di
istigazione e proselitismo all'uso illecito di stupefacenti) perché "il
fatto non sussiste".

Marco Contini, segretario di
antiproibizionisti.it, l'associazione che più ha seguito il caso di
Filla ha dichiarato: "sin dal primo momento abbiamo espresso
preoccupazione per le gravi accuse che avevano portato all'arresto di
Filla e all'oscuramento del sito perché configuravano, a nostro
giudizio, una grave limitazione della libertà di espressione, non
soltanto nei confronti dei soggetti direttamente coinvolti
nell'episodio specifico, ma di tutti i cittadini. In attesa di
conoscere le motivazioni della sentenza, ribadiamo l'importanza di
questa pronuncia, destinata certamente a fare storia."

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COMUNICATO STAMPA SPINELLATA A TRASTEVERE

 
 
COMUNICATO STAMPA
 
OGGETTO: OUT OF CONTROL, SPINELLATA A TRASTEVERE CONTRO LE POLITICHE
SICURITARIE
 
Venerdì 12 Ottobre, a partire dalle 20, ci riapproprieremo dei nostri
spazi e dei nostri tempi.
 
Saremo in Piazza Trilussa, luogo simbolo di un tentativo di
militarizzazione di un quartiere e di una città, per dare vita ad una spinellata
di massa.
 
Saremo nella piazza con la nostra musica ed i nostri colori, proprio nel
giorno in cui il consiglio dei ministri discute il famigerato “pacchetto
sicurezza”, per denunciare il fallimento delle politiche proibizioniste ed il
delirio sicuritario che sta rappresentando la cifra caratterizzante del nascente
Partito Democratico.
 
OutOfControl. Libera Metropoli.
 
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venerdì 12 ottobre aperitivo e spinellata di massa

 

 

Libera metropoli – libera tutt*
per una campagna politica e sociale contro le politiche securitarie

La sicurezza è oggi la cifra paradigmatica del governo delle metropoli.
Il nascente Partito Democratico ha individuato nel controllo sociale il
terreno su cui superare la crisi ormai permanente della rappresentanza
politica. La sinistra radicale, all’interno di un terreno di piena
compatibilità con questo modello, salvo poche eccezioni, a sua volta si
rende docile nei confronti di sperimentazioni intollerabili: è il caso
del Muro di Via Anelli a Padova. La destra di An, ormai del tutto
superata in termini di efficacia degli esperimenti repressivi, prova a
recuperare il passo convocando a Roma il 13 ottobre una manifestazione
per richiedere più polizia, più arresti, più espulsioni di migranti.
Dentro questo contesto si inseriscono i fatti che stanno caratterizzando
in queste settimane città importanti come Bologna e Roma. La città di
Bologna continua ad essere il luogo in cui trovano maggiore applicazione
i dispositivi securitari. Nel corso di pochi mesi una sequenza di
sgomberi ha duramente attaccato il movimento bolognese: prima le case
occupate, poi il Livello 57, infine, prima dell’estate, lo sgombero del
centro sociale Crash, lo scorso sabato rioccupato da un corteo di
migliaia di giovani. In concomitanza l’attacco a studenti (divieto
antibivacco) e migranti (venditori ambulanti, lavavetri).
Se a Bologna, ma anche a Padova o Firenze, il meccanismo securitario è
applicato senza troppe mediazioni, a Roma il modello di governo della
metropoli sembra essere più aleatorio, pertanto più insidioso. Un
modello che in molti casi interseca controllo e consenso, socializzando
il meccanismo securitario a parti della popolazione. «Sicurezza
partecipata», questo lo slogan che accompagna gli “interventi
chirurgici” di polizia nei quartieri della città. Attraverso la
definizione di precise campagne mediatiche, l’attivismo più o meno
genuino di comitati di residenti, l’affiancamento di qualche
“pubblicitario” intervento di solidarietà sociale, risulta possibile
isolare interi quartieri, con grate o con blindati, con un parziale
consenso (o, se non altro, con una scarsa opposizione) e sotto l’insegna
della lotta al «degrado», divenuta nuova parola magica della governance
metropolitana.
A Trastevere, però, è stata utilizzata la mano pesante. Un segnale di
forza ed una sperimentazione che, condizionata dalla speculazione
immobiliare e finanziaria, vuole trasformare il quartiere in una
cartolina per ricchi turisti e qualche privilegiato nostrano. Un
quartiere interamente militarizzato – presidi della celere nelle piazze,
ronde degli agenti antisommossa, fermi e perquisizioni, caccia a tutto
quello che risulta essere una “nota disturbante” (dal pischello con la
chitarra al clochard, dall’ambulante a chi si fa una canna). Una mano
pesante simile a quella che, mesi fa, venne utilizzata in piazza Campo
de’Fiori dove si ripeterono cariche dei reparti antisommossa quasi tutti
i week-end. Adesso è più chiaro che si trattò di una specie di prova
generale di quanto sarebbe accaduto anche altrove. La repressione
violenta da una parte e la feroce campagna mediatica dall’altra,
riuscirono nell’intento di svuotare quella piazza dai soggetti
indesiderati senza provocare particolare scandalo, ad eccezione di
alcuni settori dei collettivi studenteschi.
Anche S. Lorenzo non è immune da questo processo che si sta esprimendo
con tattiche differenti, anche per via della specificità del territorio.
Sul Venerdì di Repubblica, infatti, un dirigente della Questura di Roma
si vantava di essere riuscito a riportare il controllo della piazza non
con interventi evidenti, che avrebbero sicuramente creato
contrapposizioni, ma con espedienti come quello di montare grate a
protezione degli stands.
Questi esempi costituiscono già la conferma che il dispositivo di
controllo riguarda l’intera metropoli, ed in particolare tutti i luoghi
di aggregazione e socialità. I blitz nelle vie del centro e della
periferia, le telecamere che vengono installate in ogni angolo, ma anche
la grande caccia a chi non paga il biglietto, con tornelli e
controllori; l’attacco sempre reiterato ai migranti, dai media alle
concrete pratiche di polizia in territori come Piazza Vittorio.
Dentro questa nuova strategia della sicurezza luoghi di aggregazione di
massa e fucine di comportamenti “devianti” come le scuole non rimangono
di certo illesi. Dopo l’aggressione a mezzo di sgomberi e processi, si
sta provando ad applicare un modello di controllo diffuso. Telecamere
negli istituti, cartellini elettronici, controlli di polizia
all’ingresso e all’uscita, corsi sulla legalità, estensione dei
provvedimenti disciplinari. Fino all’iniziativa milanese dei licei
controllati da poliziotti in pensione. Ed infatti il Ministro Fioroni,
nuovo paladino della «serietà», ha imposto a livello nazionale un
irrigidimento dei regolamenti di disciplina, reintroducendo il voto di
condotta e avviando, attraverso la campagna sul «bullismo», la
repressione di ogni forma di comportamento non conforme.

Non basta dire che ci troviamo di fronte ad una svolta neo-autoritaria e
repressiva. Uno sguardo attento ci permette di cogliere la qualità
strutturale, non certo congiunturale, delle nuove forme di controllo. E’
proprio la molteplicità irriducibile (e irrapresentabile) dei
comportamenti sociali, l’ingovernabilità delle nuove forme di vita
metropolitana, ad essere posta sotto attacco dai dispositivi di sicurezza.
La precarietà, infatti, è terreno non riconducibile alle vecchie forme
della politica. I modelli disciplinari imposti dalla fabbrica e dal
lavoro normato sono completamente spiazzati da un’esperienza lavorativa
dislocata nello spazio e nel tempo. Dove la disciplina non può più nulla
interviene il controllo con il suo carattere diffuso, modulare,
aleatorio e flessibile.
Una strategia complessiva che tiene assieme misure repressive e
costituzione del consenso, laddove i media si impegnano con quotidiana e
assassina pervicacia a definire i parametri della devianza, del public
enemy e del moral panic, della marginalità e dei suoi pericoli
incontrastabili. Sollecitare esplosioni razziste e xenofobe per imporre
maggiore sicurezza, dunque minore libertà: è questo il biglietto da
visita per vivacchiare nella scena giornalistica italiana!
Aprire una battaglia contro i dispositivi securitari, le politiche
proibizioniste, le nuove forme di controllo significa partire da questi
nodi.
Una battaglia che ci impegna in primo luogo nella riappropriazione dei
nostri spazi, dei tempi di vita, delle nostre forme di socialità. Aprire
una campagna politica e sociale contro le politiche securitarie vuol
dire cogliere la radicale opposizione tra “sicurezza” e libertà, le due
cose non viaggiano assieme, ma definiscono una linea di rottura.

Nello spirito di questo ragionamento – parziale e da estendere, va da sè
– e sulla scorta di un percorso di mobilitazione molto significativo che
si è aperto nel quartiere di Trastevere, invitiamo tutt*, venerdì 12
ottobre a partire dalle ore 20:00, ad un aperitivo e spinellata di massa
a Piazza Trilussa. Un momento di musica e di comunicazione sociale, di
riapertura di uno spazio di condivisione tra studenti, giovani precari,
antiproibizionisti.

 

Collettivi giovanili e
studenteschi di Roma, UniRiot – Rete per l’autoformazione (Roma), Mdma (Roma),
Esc – atelier occupato, Horus Occupato, Astra 19, csoa Forte Prenestino, Stike
Spa

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Roma: squadristi di AN assaltano un canapaio

 

 Roma: squadristi di AN assaltano un canapaio
 
…sempre + sorelle e sempre + fratelli coltivano la
pianta più amata e
i fascisti passano alle maniere forti

comunicato
stampa di Hemporium (grow shop di Roma)

  Venerdì pomeriggio, alle ore
16.30 circa, un gruppo di circa 20
militanti di Azione Giovani,
probabilmente appartenenti alla sede di AN
in via di Torpignattara, hanno
dato vita ad un presidio, trasformatosi
poi in un'aggressione fisica,
davanti il grow shop sito in Via Ciro da
Urbino a Roma. Motivo
dell'iniziativa: chiudere i covi degli
spacciatori. Durante il presidio sono
stati divulgati volantini nei
quali si asserisce che i Grow Shop sono luoghi
di spaccio di sostanze
narcotiche e allucinogene, ragion per cui andrebbero
chiusi. Nel nostro
grow shop non è in vendita nessun tipo di sostanza,
neanche quelle
legali che si trovano negli smart shop. Il gruppo era
composto da
ragazzini capitanati dal colui che alla stampa si è presentato
come il
responsabile romano di Azione Giovani Federico Iadicicco.
All'interno
del negozio, si trovava una collaboratrice in stato evidente di

gravidanza e una sua amica che, avendo con se una telecamera
amatoriale,
ha girato un filmato di quanto stava avvenendo. Le riprese
non sono state
gradite dai promotori dell'iniziativa, tant'è che mentre
la ragazza tornava
verso casa, approfittando del fatto che i
carabinieri sopraggiunti si
trovavano all'interno del negozio, é stata
raggiunta presumibilmente dal
sopracitato Federico Iadicicco e da un
suo scagnozzo che l'hanno aggredita
con spintoni e strattoni per
impossessarsi del filmato. Riuscita a
divincolarsi e a tornare nel
negozio, riferiva l'episodio alla polizia, gli
agenti hanno ascoltato
il racconto ma non sono intervenuti in merito
all'episodio.
  Siamo ormai abituati ad ascoltare discorsi fuorvianti e
demonizzanti
su chi fa uso di Cannabis, iniziando dai media che con articoli
e
servizi giornalistici diffondono notizie faziose come l'episodio

riproposto per settimane dalle cronache nazionali del ragazzino di

quindici anni morto l'estate scorsa dopo aver fumato uno spinello,

mentre a seguito dell'autopsia si è scoperto che la causa della morte

non aveva nulla a che fare con l'assunzione di Hashish o Marjuana, ma

che il ragazzo in questione aveva assunto Crack, ovvero una sostanza

stupefacente derivata dalla cocaina. Siamo anche abituati a vedere

criminalizzati indistintamente l'uso e il consumo di qualsiasi
sostanza,
l'entrata in vigore della legge Fini-Giovanardi (con la quale
è stato
cancellato il referendum popolare con il quale si abrogava la
legge
Craxi-Iervolino-Vassalli), infatti, cancella il confine tra
consumo e
spaccio e accomuna in un'unica tabella tutte le sostanze
stupefacenti. Nel
clima generale caratterizzato dal giustizialismo,
sono molteplici i
tentativi di sfruttare in ogni campo la
disinformazione per alimentare i
pregiudizi, l'odio, l'intolleranza e
dare vita a nuovi spauracchi. Ecco,
allora, che la canapa (o Marjuana,
per chi preferisce), pianta medicinale
coltivata da millenni per gli
usi più disparati che vanno dalla fibra
tessile alla produzione di
carburanti, materiali plastici e per
l'ecoedilizia, diviene una droga
diabolica assimilabile all'eroina, alla
cocaina, al crack e i Grow
Shop, attività nelle quali si vendono articoli
per la coltivazione
biologica, oggetti in fibra di canapa e articoli per
fumatori,
divengono luoghi di spaccio.
  Non siamo disposti a stare al
gioco di chi organizza campagne
disinformative e finto-moraliste tese a
criminalizzare alcuni
comportamenti sociali con la precisa intenzione di
oscurare le
nefandezze e i privilegi delle caste. Precisando che in tutta
umiltà
riteniamo di non aver nulla da imparare da chi diffonde la cultura

dell'intolleranza e della violenza (vedi l'aggressione di cui sopra),

suggeriamo ai disattenti promotori del presidio sopracitato, di

costituire un comitato per l'abolizione dell'oleandro: pianta

velenosissima comunemente coltivata nei giardini e parchi pubblici

frequentati da ignari bambini che potrebbero ingerirne una fogliolina

che sarebbe sufficiente a provocarne il decesso…

  Ringraziamo
moltissimi per l'ampia solidarietà dimostrataci

  Hemporium
Team
Related Link: http://www.encod.org/info/PETIZIONE-INTERNAZIONALE-A.html

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Cossiga e la droga libera

Da Fuoriluogo.it, – 1 ottobre 2007

Roma, 1 ottobre –
Liberalizzazione totale della produzione, commercializzazione e consumo
di ogni tipo di droga è questo l'oggetto di uno dei tre testi di legge
presentati dal senatore a vita Francesco Cossiga.

La
provocazione dell'ex Presidente della Repubblica (le altre riguardano i
costi della politica ed il terrorismo islamico), peraltro annunciata da
tempo, prende spunto dalla cronaca delle ultime settimane, come ad
esempio la sentenza del tribunale di Cagliari, che ha assolto un
giovane denunciato dai Carabinieri per coltivazione di marijuana nel
proprio appartemento.

Nel ddl di due soli articoli, Cossiga
spiega che il testo e' stato elaborato per fornire "un contributo alla
politica del ministero dell'Interno e della Salute per garantire ai
cittadini tranquillita' e sicurezza ed evitare speculazioni in materia
di sostanze stupefacenti o assimilate". Quindi liberta' di fabbricare,
di importare, esportare, commerciare, detenere e consumare anche in
pubblico ogni tipo di sostanza stupefacente, purche' i
soggetti-consumatori abbiano un'eta' superiore ai dodici anni.

L'articolo 2 prevede l'abrogazione di tutte le sanzioni e cancella ogni reato relativo all'uso, alla produzione e allo spaccio.

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DA BOLOGNA BOLOGNA A BOLOGNA POTEMKIM


Di
Enrico Fletzer

Bologna- La verità è semplice, per una volta é
rivoluzionaria e sta tutta scritta in un pizzino. Il termine è stato utilizzato
da un collega durante la conferenza in Comune del collettivo Open the
Space
in preparazione della manifestazione di  sabato: la
stret space parade promossa contro la giunta comunale e per la riapertura
dei posti chiusi in omaggio ad un nuovo ibrido giuridico politico frutto di
collaborazioni tra destra centro-sinistra , quello che a Bologna si chiama la
legge Fini-Giovagnoli dal nome del magistrato che persegue gli
antiproibizionisti. Sappiamo che la mafia non apprezzerà anche perché il pizzino
era la minuta del capo della Digos di Bologna che proponeva a Rosario Picciolo,
portavoce del collettivo, un corteo autorizzato anche se “alleggerito” per le
vie del centro e che Ciarambino avrebbe sottoposto ai capi.

La differenza di stile tra lui e il questore è notevole.
Anche se il  dottor Vincenzo Ciarambino è una persona affabile e di
gran talento, i capi-bastone non hanno apprezzato e  la “proposta
di riduzione del danno nei confronti ” di una manifestazione poco consona ha
fatto il resto . Peccato .Questi agenti a differenza di altri sanno cos’è la
realtà ed hanno un approccio realistico . Questa sarebbe la politica 
ma a fare il funerale alla  politica di Cofferati
 è proprio il signor Ciarambino uno degli eroi della
manifestazione e che la sinistra radicale  potrebbe proporre come
Questore.

 Lo hanno capito tutti chi se ne deve andare
: in primis Cofferati ma anche l’attuale Questore Francesco Cirillo appare come
 una persona ormai compromessa con la clique di “falce e carrello”, in una
città  dove anche la verità è diventata cash’n carry. 
Ciarambino e il suo pizzino  ha dimostrato perlomeno
 di sapere e volere ragionare e di questi tempi a Bologna di
cervello legale ce n’è disponibile solo  a destra : come quel
maiale invitato alla manifestazione antimoschea  di FI,Lega e AN
che poi, forse per ragioni di I.Q. non si è presentato al concentramento
islamofobo  in Piazza Maggiore.  Un meeting peraltro
autorizzato proprio da Cirillo&Cofferati . Come direbbe Veltroni è
 un No alla Moschea  tutto volto a favore dell’ordine
pubblico e della libertà di culto, di riunione e di pensiero dei Cristiani
Integralisti mangiamortadella

Nel frattempo anche grazie al carattere radicale della
settimana di lotta per gli spazi che sfocerà il prossimo sabato, delle
p
iccole crepe hanno incrinato  le facce dei sindaci più
carogna che erano rappresentati al funerale del Pratello.  Come si
evince dagli striscioni dei laici accorsi numerosi  per ribellarsi al Sindaco,
questo  conduce  una conventio ad excludendum contro
le espressioni del  pensiero laico e dell’autodeterminazione
tuttora sottoposte al vaglio incrociato di  Curia, Questura, Comune,Partito e
Magistratura con tutti i soggetti attanagliati in un groviglio
inestricabile e che pretendono di definire come “ordine pubblico” la propria
rappresentazione ideologica di quel che é giusto e  che confina con la
Gesinnungsjustiz, la giustizia ideologica dei nazisti. Intanto il
pesce puzza dalla testa a cominciare dalla
Questura.

Questo intreccio proibizionista, liberticida e anche
suicida ,sembra definire l’ordine del mondo qui a Bologna ma soprattutto 
costituisce una ipotetica quadra,un possibile
orizzonte 
alla legge& ordine , in realtà 
falsa coscienza e possibile identità di un partito che non
c'é.
 Il tutto a beneficio o meglio a detrimenti di Rudolph Giuliani in corsa
con i Repubblicani americani.

 

Bologna  per quanto ancora 
prigioniera di un mish-mash di fondamentalismo e stalinismo è
insorta al Pratello con  notevoli segni d’insofferenza e la
 parola d’ordine “Cofferati Carogna Via da Bologna” ha mandato un
segnale chiaro  a chi sta cincischiando Ma la cosa curiosa che ormai la guerra a
Cofferati l'aveva già vinta Abramo Lincoln nel 1864
:

“Una volta che hai perso la stima dei tuoi concittadini,
non potrai più recuperare il loro rispetto e la loro stima E’ vero che puoi
prendere in giro tutti
per un po’di tempo e puoi anche
prenderne in giro un po’ per tutto il tempo. Ma  non puoi prendere in giro tutti
tutto il tempo”

 

 Questa frase poi ripresa da Bob Marley in
Stand Up Get Up ha mosso i manifestanti alla conquista della Città Proibita.
Anche se perchè se é  vero come dice Ilvo Diamanti che la politica urbana dei
comuni  italiani non esiste più , la non politica  ha portato alla
costruzione in Italia di tanti set virtuali che ricordano i villaggi russi
costruiti in onore del principe
Grigori Alexandrovič
Potëmkin
. Secondo la leggenda, l’aristocratico
aveva fatto costruire dei villaggi di cartone lungo le rive del
Dniepr. Stiamo parlando di territori riconquistati all'Impero Ottomano come poi
fece Cofferati sul Lungo Reno nei confronti dei Rumeni. Il tutto per
impressionare una signorina,
Caterina II di Russia durante il suo
viaggio in
Crimea nel 1787.  Proprio come
Cofferati che  parlava di soli  “maschi adulti” e non
di “ donne e bambini” durante i rastrellamenti da lui
ordinati.

 

Il villaggio Potëmkin

 

 In questo set russo, che per l’enorme
estensione il fumettista tedesco Gerhard Seyfried aveva definito il più grande
mercato mondiale dei comix, i villaggi erano di
cartapesta, e c’erano attori che si
atteggiavano a falsi pastori e fingevano di vivere una vita facile e felice.
L'imperatrice fu stupita di vedere in questa regione anche un esercito ben
organizzato e una intera flotta a Sevastopoli. Nel suo viaggio Caterina II era
accompagnata dai numerosi ambasciatori stranieri. Uno di questi diplomatici,
l’ambasciatore Gelbig, è considerato l'autore della leggenda. L'episodio è
narrato infatti in un suo libro-pamphlet dal titolo "Potëmkin Tavrkiceskij". Il
pamphlet è stato pubblicato ad Amburgo ed ebbe una vasta diffusione in Olanda e
Gran Bretagna. Nel suo libro Gelbig accusa il conte Potëmkin di aver sottratto
il denaro ricevuto per la provincia e di aver organizzato una messa in scena per
non farsi scoprire dall’ Imperatrice. In particolare avrebbe impiegato trucchi
quali spostare gli stessi greggi di pecore lungo il percorso dell'Imperatrice e
di aver dipinto diversi mercantili da navi militari presentandoli come la flotta
di Sevastopoli.

 

 

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