Pacchetto sicurezza, l’odiosa continuità
Da Fuoriluogo, di Francesco Maisto – 28 ottobre 2007
Ricordate la famosa scena di
Super Totò in cui il grande artista si muove mettendo insieme movimenti
disarticolati delle braccia e delle gambe? Ecco, questa è l’impressione
che si ricava dalla lettura della bozza del cosiddetto “pacchetto
sicurezza”: scelte scoordinate, assemblaggio di norme di grande rilievo
(come quelle antimafia e di tutela dei minorenni e di protezione
dell’ambiente) con norme semplicemente e solamente repressive, dannose
per i giovani e i deboli.
Nella scia del primo “fatale” pacchetto
sicurezza del 26 marzo del 2001 (del precedente governo di
centro-sinistra), aumenta l’elenco dei delitti per cui è obbligatorio
l’arresto ed è obbligatoria la custodia cautelare in carcere (anche
dopo la sentenza di appello), mentre sono vietate la scarcerazione e la
sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, introdotta dalla
legge Simeone-Saraceni approvata all’unanimità dal Parlamento nel 2000.
Ora però, “l’assolutizzazione” del penale, a seguito di preoccupazioni
per la sicurezza comprensibili, ma deliberatamente stimolate ed
amplificate fino a divenire “ossessioni securitarie”, si innesta –
senza discontinuità ed anzi con un’azione di rinforzo – su quelle leggi
“odiose” della maggioranza di centro-destra, come la Fini-Giovanardi e
la ex Cirielli (già ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale in
due punti), che questo governo si era impegnato a superare: si erano
viste le prime avvisaglie positive col disegno di legge Mastella di
modifica del codice di procedura penale e con la bozza di codice
penale, elaborata dalla commissione ministeriale presieduta da Giuliano
Pisapia.
A titolo di esempio, è sufficiente evidenziare che il
pacchetto sicurezza, pur non modificando esplicitamente la normativa
sulla droga, è destinato ugualmente ad aggravarne il danno penale:
tanto per le minime condotte predatorie commesse da tossicodipendenti
al pari di altri giovani “devianti”; quanto per le condotte illecite di
cessione e di traditio (passaggio di sostanze non a fine di lucro)
previste dalla Fini-Giovanardi, commesse anche da chi è da poco
maggiorenne nei confronti del quasi coetaneo minorenne (col richiamo
indiscriminato alle aggravanti previste dall’art. 80 del Testo Unico
sugli stupefacenti). Ad esempio un ragazzo di 18 anni che cede uno
spinello ad un gruppo di amici, fra cui un minorenne, andrà
immediatamente in carcere dopo l’arresto. Aumenteranno dunque le
carcerazioni, e saranno più difficili le scarcerazioni e la sospensione
dell’esecuzione della pena detentiva, sì che la custodia cautelare in
carcere segnerà l’inversione cronologica tra colpa e pena. Si realizza
così quella «…logica anticipatoria della pena insita nel trattamento
peggiore per l’imputato di reato più grave…» mentre si cancella «un
nuovo spazio entro il quale il giudice poteva tener conto delle
esigenze effettivamente connesse all’andamento del processo…» come
insegnava il prof. Giuliano Amato nel Commentario alla Costituzione.
Il
paventato intervento legislativo, dunque, appare più un vicolo cieco
che una manovra risolutiva. Facendo affidamento sulla fragile e
disintegrata (ma in sé preziosa) risorsa penale anche per queste
tipologie di condotte devianti, il pacchetto sicurezza è destinato non
solo all’insuccesso, ma anche a creare l’illusione che l’intervento
penale sia in grado di ridurre la realtà e la percezione
dell’insicurezza. La promessa strutturalmente inattuabile si tramuterà
in delusione cocente e quindi, in nuove richieste, come in una spirale
perversa, in cui chi perde è il bugiardo.