Quando il corteo entra silenziosamente nella piazza dove ogni anno si
svolge il festival di Castro Caro Terme, anche le luci di chi lavora nei
preparativi dell'evento si attenuano per un attimo, quasi intimorite dal
silenzio delle 1000 persone che con le loro fiaccole hanno attraversato il
paese in memoria di Alberto Curiali.
La storia di Alberto purtroppo è simile a quella di Giuseppe Ales, anch'egli
suicidatosi, dopo essere finito nelle pagine dei giornali locali, per aver
infranto la legge per possesso di Cannabis.
Storie queste che lasciano profondi segni nelle coscienze, e che evidenziano
quanto sia dannoso l'intreccio che si è costruito tra le ideologie
securitarie e le retoriche mass mediatiche sul fenomeno delle sostanze
stupefacenti, un meccanismo devastante quando persone “normali”,
incensurate, finiscono per essere messe alla berlina mediatica senza
appello. Per molti di questi giovani, una volta fermati si crea una
situazione complessa dal punto di vista psicologico, una sorta di fine del
progetto di vita, rafforzata dal fatto che la nuova legge prevede, se il
giudice ti riconosce colpevole un minimo di 6 anni di carcere. Diventa
difficile uscire di casa con lo stigma impresso sulla pelle di “drogato”,
come il rapporto di fiducia violato con i genitori. Si dirà, che i giornali
non ci mettono il nome, e che fanno il loro mestiere, vero, ma mettono
tutti gli indizi per fare una spietato “indovina chi”, che si risolve subito
in un paese di poche migliaia di abitanti. E lo stesso discorso vale per le
forze dell'ordine. Mi interrogo sul senso e sullo scopo di una conferenza
stampa dei Carabinieri con tanto di foto per 60 grammi di fumo, nella quale
si afferma che il fine settimana è stato all'insegna della lotta alla droga
in un'operazione durata due giorni. Un'operazione aggiungo io in cui il
narcotrafficante presunto dovrebbe essere un ragazzo di 28 anni, perito
agrario, incensurato, che aveva in un libro di fantasy un panetto di fumo.
Le nuove teorie di controllo sociale, nate sotto i dettami della tolleranza
zero, necessitano di un continuo coinvolgimento della popolazione locale,
di una continua mobilitazione su temi simbolici come le droghe, gli
immigrati, proposte e riproposte come emergenze continue dalla stampa
locale senza dare a nessuno il diritto di replica. Soparatutto in provincia,
dove le bacheche ad effetto, si mischiano ai commenti da Bar, dando origine
ad una retorica della devianza che tende ad autoalimentarsi questo processo
è ancora più forte e senza appello. Ma gli amici del Dottor Tosa,( cosi si
sono firmati) non hanno avuto paura del moralismo bigotto, e non hanno
lasciato passare la cosa come una fatalità, hanno scritto una lettera
rivolta a tutto il paese in memoria del loro amico, intitolata il giorno in
cui la notte scese due volte. Il volantino è stato messo nei bar, nelle
fermate degli autobus, e sono riusciti, nella drammaticità dell'evento che
li ha sconvolti, a prendere voce, a denunciare il loro sdegno nei confronti
di un sistema che non può continuare a funzionare a senso unico,
discriminando gratuitamente senza nessun diritto per gli esseri umani.
Nemmeno loro forse se lo aspettavano, ma alla manifestazione c'era tutto il
paese, una processione civile per ridare dignità ad un loro fratello, in cui
anziani e genitori, bambini e giovani hanno voluto affermare con
determinazione che questa morte assurda era evitabile. Devo dire che dopo
anni di lotte sul tema, sono rimasto impressionato anche io, e come se
questo piccolo paesino termale, dentro la campagna romagnola parlasse
all'intera nazione. Mentre queste persone sfilavano silenziosamente, tra
gli striscioni che scendevano dalle case con la scritta “stop alle notizie
che uccidono” tutti quanti loro dimostravano che la società italiana, è
molto più avanti rispetto alle ideologie bigotte della sua classe politica.
Alberto non guidava ubriaco al volante di un'auto, non era a spacciare
davanti ad una scuola, ma in un parco a fumarsi un semplice spinello, e la
quantità ritrovata era per uso personale, altro che spacciatore. Che senso
ha continuare a rincorrere persone che decidono di fare una scelta di vita
che riguarda la propria esistenza, non parlo di minorenni, ma di persone
adulte, che non hanno problemi di nessun genere se non il fatto di vedersi
rovinare la vita da forze dell'ordine e giornalisti. I ragazzi di Castro
Caro Terme nella loro semplicità sono riusciti per la prima volta nella
storia di questo paese a ribaltare nel territorio in cui vivono la
narrazione prevalente che inscrive fenomeni sociali in fenomeni penali,
penso che tutti quanti noi, che da anni siamo impegnati per dare a questo
paese una normativa civile sul fenomeno delle droghe dovremmo imparare da
loro, dovremmo ascoltarli e non lasciarli soli, anche per continuare a
tenere viva la dignità e la memoria di un loro fratello.
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