Una crociata bipartisan che fa male a tutto di Don Andrea Gallo

war on drugs
Una crociata bipartisan che fa male a tutto
Don Andrea
Gallo

Cammino da quarant'anni sulla strada e rispetto la fatica di
chi deve
affrontare, con i propri figli, un percorso lungo e difficile. Mi
sento
vicino
a coloro che non hanno mai la parola. Al contrario di molti
che la
monopolizzano, esercitando un vero colonialismo nella società. E sento
il
dovere di avvertire i giovani dei pericoli che corrono e delle risorse
di
cui
possono disporre. Nei confronti degli altri (media, politici,
benpensanti,
chiese, scuola) è mio diritto ridimensionare i problemi della
dipendenza,
chiarendoli in modo lucido nelle analisi e nella sintesi.
Bisogna
confrontarsi
lealmente, approfondire e non ritenere verità
assoluta la propria visione
della
realtà «droga». In questo campo minato,
le metodologie devono costruirsi
in
un
processo di trasformazione
sociale collettiva.
L'allarme e l'emergenza di questi giorni costruiscono una
deleteria
disinformazione. Circolano falsi miti e leggende che fanno notizia,
come
«fuma
uno spinello e muore». E quasi sempre chi lancia allarmi non
costruisce
politiche del bene comune. Si abbia il coraggio di affermare che
le
«droghe»
non sono il vero e il primo rischio per la stragrande
maggioranza dei
giovani.
Si ammetta il fallimento della guerra
all'offerta. La «Merce» circola e
le
piantagioni in Afghanistan sono
triplicate. Il mercato clandestino è
fiorente.
La Comunità San Benedetto
al Porto ha ospitato l'assemblea «Dipende da
noi»,
che ha visto la
partecipazione di oltre 200 persone in rappresentanza di 40
centri sociali di
tutta Italia.
La consapevolezza dei danni prodotti dalle leggi degli ultimi
anni è stata
forte
e condivisa da tutti: nel 2006 spunta la
Fini-Giovanardi, approvata a notte
fonda come emendamento al decreto delle
Olimpiadi di Torino. Si è deciso
di
partire dal prodotto droghe,
demonizzandole e scatenando una persecuzione
che
mette tutto nelle mani
del circuito repressivo: Prefetture, Questure,
magistratura, carceri e quelle
comunità aderenti all'impianto della nuova
repressione. La tolleranza zero
continua a impedire un rapporto educativo e
sincero con i giovani. Si delinea
un fronte bipartisan conservatore e
immobilista che dice di combattere una
battaglia in difesa dei giovani e
finisce per conservare il nulla poiché il
vecchio proibizionismo e lì
come un
ammasso di rottami in nome del quale
non si va da nessuna parte. Non è
pedagogico definire una persona dal
prodotto che usa. E' un concetto
limitato e
poco scientifico attribuire a
un prodotto una dimensione morale. Il fronte
proibizionista (la droga fa
male) cavalca questa corporativa nostalgia. E
non
pone alternative, che
non siano le comunità terapeutiche, il privato
d'elite
finanziato dallo
stato e un servizio pubblico depotenziato. Quest'ultimo
diventa manovalanza
per i ceti e le aree deboli del paese, con il suo
ultimo
stadio, il
carcere, come discarica sociale. La nuova maggioranza dopo le
promesse
elettorali non ha affrontato la riforma della
legge
Fini-Giovanardi.
Perché? E' un ritardo pesante.
La mitizzazione
delle sostanze proibite aumenta l'attrazione, soprattutto
tra
i
giovanissimi. Urge costruire una rete, con tutti quei soggetti che
aspirano
ad
avere una funzione progettuale originale, non burocratica, che
può essere
realizzata solo intorno a un servizio pubblico forte. Predisporre
programmi
a
«bassa soglia», incrementare trattamenti sulle esigenze di
percorsi
individualizzati, allestire interventi intermedi flessibili
fra
l'ambulatoriale
e le comunità (unità di strada, centri diurni,
attività sociali e
domiciliari,
lavoro, case alloggio, gruppi di
auto-aiuto). Urge in primis la totale
depenalizzazione del consumo personale.
Non spaventi la «legalizzazione»
quando
significa «darsi regole nuove».
Governare un fenomeno complesso significa
renderlo gestibile da chi lo vive:
abbiamo lasciato morire troppe persone.
La strategia che l'Ue propone si
fonda su tre pilastri: lotta al traffico,
prevenzione-cura e
riabilitazione-riduzione del danno. Resta nei fatti la
migliore strada
percorribile. Questo processo deve coinvolgere tutti:
cittadini, gruppi
spontanei e istituzioni. Dobbiamo sollecitare gli enti
locali
a favorire
pratiche e politiche sociali che costruiscano spazi di
socializzazione nelle
periferie, nei centri storici, nelle stazioni, nelle
città piccole e grandi.
Le crociate e i cacciatori di streghe sono inutili
e
dannosi.

Il
Manifesto – 12 Luglio 2007 – pag. 7

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