Italia. Nas a scuola: lo Stato di Diritto e’ incompatibile con quello di Polizia (ADUC)

28-05-2007, ore 15:03:58
 
Italia. Nas a scuola: lo Stato di Diritto e' incompatibile con quello di Polizia
 
Pietro Yates Moretti
 
 La proposta del ministro della Salute, Livia Turco, di inviare i Nas nelle scuole per controlli antidroga non e' un'idea nuova. E' infatti una politica ideata da Ronald Reagan e attuata con vigore dall'attuale Amministrazione Bush. Controlli con cani antidroga degli armadietti, degli zaini, delle classi; test antidroga obbligatori; guardie armate assunte dalle scuole per reprimere il fumo di sigarette e di spinelli; metaldetector all'entrata in classe. In questo modo, i genitori potranno stare tranquilli: niente droga o armi a scuola.
Questo e' il messaggio che il ministro della Salute, insieme a quello dell'Istruzione, vogliono mandare alle famiglie italiane. Ed e' un messaggio certamente apprezzabile per chiunque sia terrorizzato dall'idea di un figlio che si fa una canna a scuola. Ma qual e' il prezzo da pagare?
Prima di tutto, questo tipo di controlli viola alcuni principi essenziali dello Stato di Diritto e della nostra democrazia. Un sacrificio non da poco che possiamo anche decidere di fare in casi eccezionali (ad esempio, in stato di guerra), ma almeno si rifletta bene su cio' che significa. In uno Stato di Diritto, la perquisizione e' autorizzata da un magistrato su base individuale e sulla base di indizi concreti presentati dalle autorita' inquirenti. E' impensabile che sia autorizzata, ad esempio, la perquisizione di un intero quartiere o di un intero paese per assicurarsi che nessuno stia violando la legge, a meno che non vi siano motivazioni gravissime di ordine pubblico (ad esempio, se sappiamo che in quel quartiere o paese vi e' un ordigno nucleare che sta per spazzare via migliaia di vite). Quando la perquisizione, che e' una violazione straordinaria della liberta' individuale, viene impiegata diffusamente e preventivamente, essa rischia di trasformarsi in uno strumento di repressione collettiva, dove tutti diventano sospettati di qualcosa. Davvero siamo di fronte ad una emergenza tale da autorizzare perquisizioni preventive collettive? E se si', perche' non perquisire allora anche le case di tutti gli studenti, dove probabilmente nascondono gli spinelli? Perche' non perquisire anche fuori dalla scuola tutti coloro che sono in eta' scolastica? Se infatti si vuole prevenire il consumo di spinelli, che avviene sicuramente quasi al 100% fuori dalle scuole, perche' non fare test antidroga ai tutti i ragazzi fra i 10 ed i 18 anni?
A pensarci bene, se e' emergenza uno spinello a scuola, ve ne sono altre che appaiono molto piu' preoccupanti (forse ci sbagliamo). La cronaca riporta spesso episodi in cui un genitore uccide i figli. Perche' allora non perquisire e fare perizie psichiatriche su tutti i genitori di famiglia? Perche' non fermare e perquisire tutti gli albanesi o tutti i rumeni, che cosi' spesso appaiono coinvolti in atti criminali? Perche' non perquisire infatti tutti gli italiani, nei luoghi di lavoro, nei loro centri di svago, nelle loro case? Sicuramente troveremo in questo modo decine di migliaia di criminali, qualche terrorista, tre o quattro milioni di consumatori di cannabis, decine di milioni di evasori fiscali.
La risposta ci pare scontata: uno Stato di Diritto non puo' coesistere con uno Stato di Polizia. La cultura del "tutti sospetti" e' cio' che caratterizza i regimi assolutisti, in cui il controllo del comportamento della collettivita' e' preventivo, e non frutto di indagini mirate, individuali e controllate dalla magistratura.
Ma anche ove fossimo disponibili a sacrificare parte delle nostre liberta' civili, le perquisizioni collettive sarebbero utili a far diminuire il consumo di cannabis fra i giovani?
L'esperienza americana ci dimostra che non e' cosi'. Prima di tutto, perche' il consumo di cannabis avviene nella stragrande maggioranza dei casi fuori dalla scuola. Fumare a scuola puo' essere un gesto machista, di bravado, di alcuni studenti "ribelli", ma la gran parte dei giovani fumano altrove. L'orario scolastico e' di cinque ore al giorno, ed i giovani hanno a disposizione altre 19 ore in una giornata per fumare marijuana (a casa di amici, in discoteca, etc.). I controlli dei Nas nelle scuole potrebbero scoraggiare alcuni degli studenti piu' "ribelli" a non portare cannabis a scuola, ma questo non servira' a diminuire in alcun modo il consumo fra i giovani.
Lo dimostrano diversi studi americani, dove la proposta del ministro Turco e' da anni una realta'. Secondo uno studio dell'Universita' del Michigan, ad esempio, non vi e' differenza fra i livelli di consumo di droghe in quelle scuole dove avvengono regolarmente controlli e le altre. Questo studio di quattro anni, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of School Health, conclude: "I test antidroga degli studenti non sono un deterrente al consumo… I ricercatori hanno rilevato livelli di consumo di droghe praticamente identici nelle scuole che fanno controlli antidroga e quelle che non lo fanno".
Infine, si rischia di danneggiare un giovane molto di piu' della sostanza che ingerisce. Il consumo di cannabis non e' infatti legato ad una diminuzione del rendimento scolastico, e certamente essa non impedisce agli studenti di crescere e realizzarsi. Basti pensare che anche i leader di molti Paesi, incluso gli ultimi due presidenti Usa, hanno ammesso di aver fumato spinelli a scuola. Pensiamo ora a cosa accadra' ad uno studente che viene sorpreso a scuola con della cannabis. Se ha una quantita' di sostanza attiva (impossibile da misurare senza una analisi chimica approfondita) superiore allo 0,5 grammi, egli sara' arrestato per detenzione ai fini di spaccio e rischiera' una condanna da 1 a 6 anni o anche da 6 a 20 anni. Se persone come Bill Clinton e George Bush, ma anche numerosi scrittori, accademici, etc., fossero stati trovati dalla polizia con cannabis a scuola durante la loro gioventu', con la legge attualmente in vigore in Italia sarebbero oggi ignoti ex-galeotti, segnati da una esperienza carceraria e post-carceraria che difficilmente potrebbero superare. Da genitore, preferirei senza ombra di dubbio i danni provocati dalla marijuana da quelli certi del carcere. Specialmente perche' l'enorme rischio che pone il carcere alla salute mentale e fisica di mio figlio, nonche' al suo futuro, non serve in alcun modo a diminuire le chance che fumi cannabis a scuola e altrove.
Ma alla fine, cio' che non voglio e' che mio figlio sia sospettato solo per il fatto di essere un adolescente che va a scuola. Prima di rinunciare alla inviolabilita' della sua persona e della sua privacy, pretendo da uno Stato di Diritto che ci siano forniti elementi concreti che giustifichino questa straordinaria intrusione. Questo vale per mio figlio, ma anche per tutti coloro che sono intercettati telefonicamente senza giustificato motivo, magari perche' di una certa etnia o religione. Il percorso tracciato dal ministro Turco ci porta in una direzione dalla quale difficilmente potremo uscire: la cultura del sospetto collettivo quale principale mezzo per ripristinare la legalita'. Come gia' accade da decenni sul versante della guerra alla droga, sara' il mezzo che prevarra' sul fine, allontanandolo sempre piu'. Alcuni ragazzi finiranno in gattabuia insieme alle loro aspirazioni, altri saranno segnalati e dovranno fare test antidroga per mesi ed anni. Tutti gli altri continueranno a fare quello che hanno sempre fatto. Lo faranno sempre piu' di nascosto, adottando tutte le misure precauzionali per non essere beccati da genitori o carabinieri. E cosi' si allontana sempre di piu' la possibilita' di informarli senza pregiudizi, di essergli vicini, di poterli aiutare quando sono pronti ad essere aiutati. Noi i controllori, loro i controllati. Un rapporto che spingera' sempre piu' il consumo di droghe nel luogo dove esso diviene veramente letale: la clandestinita'.
P.S. Mentre scrivo, e' giunta la notizia che il quindicenne deceduto a scuola dopo aver fumato uno spinello, in realta' aveva fumato crack cocaine, una delle tante sostanze sintetiche prodotte dal mercato illegale realmente letale. Insomma, niente pistola fumante per coloro che in questi giorni ed ore sostengono l'ipotesi dello "spinello killer". Forse e' il caso di cominciare a spiegare ai nostri figli non solo che le droghe fanno male -dal caffe' all'alcool, dal tabacco alla cocaina-, ma anche quali sono i rischi di ciascuna droga. Forse, se avessimo insegnato a quel ragazzo la differenza fra crack cocaine e cannabis, egli oggi sarebbe ancora vivo.
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