Né contadini né persone legate alla criminalità: spesso i coltivatori sono studenti
Tanti cominciano per uso personale poi capiscono che la marijuana può essere un affare
Cannabis, l’oro verde del Sud
L’autoproduzione diventa business
di SALVO PALAZZOLO
Piante di cannabis sequestrate dalla polizia
PALERMO
– Lo chiamano l’oro verde del Sud. Centinaia di ettari perfettamente
curati, decine di serre sparse tra Sicilia, Calabria, Puglia e
Campania, un numero imprecisato di vivai che lavorano a pieno ritmo per
rifornire di piantine – che poi diventeranno arbusti alti due metri –
una nuova e molto particolare generazione di agricoltori. L’oro verde
del Sud è la cannabis, da cui si producono marijuana e hashish.
Chi coltiva la cannabis non è in realtà un vero contadino, ma neppure
un criminale incaricato da chissà quale organizzazione di trafficanti.
I nuovi produttori di cannabis hanno 25-30 anni, al massimo 40. Sono
studenti, impiegati, imprenditori e commercianti. Spesso con qualche
insuccesso professionale alle spalle, quasi sempre senza precedenti
penali.
Sono un vero esercito, a leggere l’ultima relazione semestrale della
Direzione centrale dei servizi antidroga. Un esercito che si ingrossa
ogni giorno. L’anno scorso, la Cassazione aveva stabilito: "Non
commette reato solo chi coltiva in casa, e per uso personale". Ma
quest’anno, è arrivato il dietrofront degli ermellini: "È penalmente
rilevante la coltivazione anche di una sola piantina".
Qualche cifra. Nel 2006, da Bolzano a Ragusa, sono stati pescati 150
neo-coltivatori di cannabis. Nei primi sei mesi del 2007 la quota era
già salita a 228. Vuol dire che in un anno il numero si è quasi
quadruplicato. E per l’intelligence antidroga si è aperta ufficialmente
la stagione di un’inedita guerra contro l’esercito dei produttori
fantasma. Dice ancora il rapporto della Direzione centrale dei servizi
antidroga che il bilancio degli ultimi sequestri di carabinieri,
polizia e finanza è stato da record nel 2007. Al primo posto c’è la
Sicilia, con 1.426.974 piante di cannabis. Segue la Calabria, con 7.250
esemplari, che restano da record nazionale, perché l’acqua
dell’Aspromonte ha fatto germogliare piante alte fino a tre metri. In
Campania e in Puglia ne sono state trovate un migliaio.
Applicando l’antica regola della Dea americana – "In materia di droga
il sequestrato è poco meno del 20% del circolante" – si arriva a cifre
stratosferiche. È come se nel Mezzogiorno ci fosse un’unica enorme
piantagione di cannabis, grande quanto un parco nazionale. Con tutto
ciò che ne deriva: la cosiddetta "filiera", che dal produttore al
trafficante al consumatore coinvolge migliaia di persone.
Ma chi sono veramente i protagonisti dell’ultimo business agricolo
italiano? Eccoli, gli insospettabili. Lo studente Pasquale F., 24 anni,
da Siracusa, si mise in posa davanti all’ultima pianta di cannabis
nascosta nel giardino del nonno e si immortalò col videotelefonino.
Però, aveva fretta di tornare a casa e perse per strada il marsupio con
il telefonino e le foto. Quando i carabinieri lo convocarono, Pasquale
F. offrì subito una ricompensa all’onesto cittadino che aveva ritrovato
quanto gli apparteneva: qualche minuto dopo, confessava in lacrime. Il
giardiniere Alessio Abbate, da Palermo, era invece sicuro di aver fatto
le cose per bene, dopo anni di letture collezionate in una vera e
propria biblioteca casalinga. Ma una serra fra le ville liberty di
Mondello non poteva passare inosservata.
Davvero tanti
insospettabili hanno cominciato con il vaso in balcone e poi, prendendo
gusto al business che vale 400 euro a pianta, hanno iniziato a lavorare
su grandi numeri.
L’oro alto due metri cresce soprattutto nelle vallate ben nascoste
attorno a Partinico, un tempo capitale del vino, oggi laboratorio dei
nuovi assetti della mafia palermitana. Cresce lungo la costa sud della
Sicilia, da Castelvetrano a Gela, dove le serre della droga confinano
con quelle delle melanzane. L’oro verde cresce ancora fra i ruscelli
che scorrono dentro il cuore dell’Aspromonte, in mezzo a Cardeto e
Bagaladi. Sulle terrazze della costiera Amalfitana il gran caldo dello
scorso luglio ha invece anticipato il periodo di maturazione. A
Brindisi, i nuovi agricoltori fanno concorrenza ai trafficanti
albanesi. Dicono gli 007 dell’Antidroga che gli insospettabili
preferiscono però restare nei campi. Alla commercializzazione ci
pensano gli altri della filiera.
I produttori più grandi di Sicilia avevano scelto un ettaro a San
Cipirello, nel regno un tempo dei boss Brusca. "Quello era un
investimento per la criminalità organizzata", spiega il colonnello Teo
Luzi, comandante provinciale di Palermo. I proprietari di quella
piantagione da un milione di arbusti erano due imprenditori che
cercavano di farsi strada nei vuoti di mafia del dopo Provenzano. Le
indagini proseguono, per comprendere meglio il loro ruolo. "Al momento
– dicono i carabinieri di Monreale – abbiamo fermato il finanziamento
che dalla piantagione poteva arrivare ad altri affari".
Uno degli ultimi pentiti di mafia, Emanuele Andronico, aveva avvertito:
"Dietro il boom dei vivai di cannabis c’è Cosa nostra". Così, sempre
più spesso, gli insospettabili cercatori dell’oro verde si ritrovano a
incrociare qualche "strano signore", come l’ha chiamato qualcuno. Il
signore delle mafie. Per acquistare semi o piante. Per pagare la
"tassa" del territorio. Ma questi sono solo problemi successivi.
Cominciare non è difficile.
Il decalogo del perfetto coltivatore è su Internet. Il sito più
gettonato (dall’inequivocabile titolo freecannabis, sede in Svizzera)
continua a lanciare proclami antimafia prima di offrire le istruzioni
per la semina: "Bisogna autoprodurre per non doversi affidare agli
spacciatori". I cercatori dell’oro verde vantano una visione della
società. "Si fanno forti del fatto che l’uso di eroina e cocaina è
disapprovato oltre che percepito come rischioso per la salute",
spiegano gli esperti del ministero della Solidarietà sociale nel
rapporto al Parlamento: "Maggiore tolleranza si rileva rispetto alla
cannabis".
Un’indagine di Ipsad-Italia spiega che "il 35-40 per cento della
popolazione scolarizzata tra i 15 e i 19 anni approva l’uso di cannabis
e lo stima come comportamento non a rischio per la salute". Estendendo
l’indagine ai più grandi, emerge che in Italia i "sì" alla cannabis
sono ormai quasi 10 milioni.
(15 febbraio 2008)